L’entusiastico realismo di Pluto
Pensando a Pluto – il cane di Topolino – si è subito indotti a chiedersi perché Pippo indossi vestiti e stia ritto sulle gambe posteriori, mentre un suo omologo animale no
L’entusiastico realismo di Pluto
Pensando a Pluto – il cane di Topolino – si è subito indotti a chiedersi perché Pippo indossi vestiti e stia ritto sulle gambe posteriori, mentre un suo omologo animale no
L’entusiastico realismo di Pluto
Pensando a Pluto – il cane di Topolino – si è subito indotti a chiedersi perché Pippo indossi vestiti e stia ritto sulle gambe posteriori, mentre un suo omologo animale no
Pensando a Pluto – il cane di Topolino – si è subito indotti a chiedersi perché Pippo indossi vestiti e stia ritto sulle gambe posteriori, mentre un suo omologo animale no
Pensando a Pluto – il cane di Topolino – si è subito indotti a chiedersi perché Pippo indossi vestiti e stia ritto sulle gambe posteriori, mentre un suo omologo animale no. Sono entrambi dei canidi, dopotutto, ma uno abbaia mentre l’altro parla. Uno è il migliore amico di Topolino e l’altro pure, anche se in un senso più ecumenico (miglior amico dell’uomo et cetera). Insomma, quella di Walt Disney è stata una discriminazione arbitraria. Tuttavia, la volontà di rendere Pluto un vero e proprio cane – e non, quindi, un animale antropomorfo come gli altri personaggi – non risiede in una scelta irriflessa quanto invece nelle opportunità tecniche dell’animazione degli anni Trenta dello scorso secolo. Un campo che, com’è noto, è da sempre stato il primum vivere della Walt Disney Company.
Tutto ebbe inizio infatti grazie a William Norman Ferguson detto Norm, un talentuosissimo animatore newyorkese. Arrivato nello studio nel 1929, inizialmente è impiegato come operatore ma presto viene spostato di reparto. Nonostante non abbia un background di studi sulle tecniche di animazione il suo senso del gusto sopperisce a tali mancanze, tanto che appena un anno dopo lavora già al suo primo cortometraggio. “Oceano in festa” (“Frolicking Fish”) è diretto da Burt Gillet, ma Ferguson è responsabile del balletto sincronizzato – ovvero clonato per risparmiare – nei minuti centrali in cui tre pesci muovono le pinne con azioni continue e sovrapposte. Una sequenza tanto all’avanguardia da fare scuola nonché capace di attirare l’attenzione del capo.
Disney rimane immediatamente affascinato dall’apparenza fluida e naturale dei movimenti dei pesci e la fa studiare a tutti gli animatori, mentre Ferguson viene messo su un nuovo progetto: “Fuga di Topolino” (“The Chain Gang”). In questo corto Topolino fugge dai lavori forzati, venendo inseguito da due cani che annusano, sbuffano e abbaiano in faccia agli spettatori. Sono loro e il loro inaudito realismo, per l’epoca, la prova generale per il cane Pluto. Che nella sua prima incarnazione (“Il picnic di Topolino”, sempre del 1930) è però il cane di Minni, la fidanzata di Topolino, e si chiama Rover. Il nome risulta però troppo generico, mentre Clyde Tombaugh aveva appena scoperto il nono pianeta del sistema solare (Pluto, cioè Plutone in inglese) e il nome del dio greco aveva quindi ripreso popolarità nei media statunitensi. Secondo lo storico dell’animazione John Canemaker è addirittura Disney stesso a ribattezzarlo Pluto anche sulla base del nome di uno dei suoi cani, tanto amati da spingerlo a mimare le smorfie dei segugi per consigliare a Ferguson le espressioni migliori da trasporre in pellicola.
È nel 1931 che avviene quindi l’esordio vero e proprio di Pluto nel breve film “Topolino a Caccia” (“The Moose Hunt”), dove diviene un compagno ufficiale del topo Disney. Il quadrupede annusa, punta, si spaventa, si bagna, gioca al riporto e viene persino scambiato per alce da Topolino, che quasi lo accoppa. Quando infine trovano l’alce vero ne sono entrambi così spaventati che Pluto si trasforma in uno pseudo Dumbo, volando via col suo padrone in groppa grazie al battito delle generose orecchie flosce di cui è fornito. Un successo che trova il suo coronamento tre anni dopo con la scena magistrale, per il mondo dell’animazione, di Pluto alle prese con della carta moschicida nel corto “Pluto si diverte”.
Anche in una sequenza di per sé brevissima (dura poco più di un minuto) Ferguson dimostra al pubblico come un cartone animato possa apparire vivo e realistico, mentre assiste ai ridicoli tentativi del povero Pluto di liberarsi da un rettangolo appiccicoso senza il pollice opponibile. Tale maestria fa guadagnare all’animatore l’incarico di redigere una vera e propria bibbia del cane di Topolino, che diventerà il riferimento per tutti i disegnatori che si approcceranno all’unico personaggio della Disney che – in fondo – rispecchia anche nella fantasia le caratteristiche del nostro mondo.
di Camillo Bosco
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- Tag: fumetti
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