Milan Kundera e lo spirito europeo contro i carri armati totalitari
Milan Kundera: lo scrittore a cui, dopo gli scontri con il regime comunista di Praga, venne tolta la cittadinanza cecoslovacca. Scoraggiato ma non annientato dai carri armati russi
| Editoria
Milan Kundera e lo spirito europeo contro i carri armati totalitari
Milan Kundera: lo scrittore a cui, dopo gli scontri con il regime comunista di Praga, venne tolta la cittadinanza cecoslovacca. Scoraggiato ma non annientato dai carri armati russi
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Milan Kundera: lo scrittore a cui, dopo gli scontri con il regime comunista di Praga, venne tolta la cittadinanza cecoslovacca. Scoraggiato ma non annientato dai carri armati russi
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Milan Kundera: lo scrittore a cui, dopo gli scontri con il regime comunista di Praga, venne tolta la cittadinanza cecoslovacca. Scoraggiato ma non annientato dai carri armati russi
Se è vero che di uno scrittore, come di un uomo in genere, si può dir qualcosa dell’opera e poco o nulla della vita, allora, cosa dire dell’opera di Milan Kundera se non che è l’espressione della consapevolezza che la vita umana è la lotta dell’uomo contro il potere e, insieme, la lotta della memoria contro l’oblio? Lo si legge ne “Il libro del riso e dell’oblio” che, uscito in Francia nel 1979, costò a Milan Kundera l’ennesimo scontro con il regime comunista di Praga che gli tolse la cittadinanza cecoslovacca. Così il presidente francese, François Mitterand, gli riconobbe quella francese, giacché lo scrittore boemo si era trasferito a Parigi definitivamente nel 1975, sfiduciato, scoraggiato ma non annientato dai carri armati russi che ieri schiacciarono la Primavera di Praga, come oggi calcano la terra d’Europa e nel pensier rinnovano la paura. Ma nel momento della morte si vuol conoscere la vita dello scrittore, forse per l’incredulità della fine, forse per trattenerlo ancora in vita, forse per sentirlo ancora parlare, per ascoltarlo o, forse, perché nonostante la morte sia pur sempre vita nella vita, non ci si arrende dinanzi allo scandalo che la vita individuale finisce e tende all’oblio. Irrimediabilmente vale anche per Milan Kundera che era nato il 1° aprile 1929 a Brno in Cecoslovacchia ed è morto ieri 11 luglio 2023 a Parigi.
La sua opera più nota, talmente nota da essere diventata un modo di dire, un tormentone, un luogo comune, è naturalmente “L’insostenibile leggerezza dell’essere” in cui, certo, vi sono Tomàs, Tereza, Sabina, Franz e i loro amori e le loro delusioni ma c’è anche l’autore, Milan Kundera, con i suoi amori e le sue delusioni, la nostalgia che ad ogni esule tormenta il cuore. “Chi vive all’estero cammina su un filo teso in alto nel vuoto – si legge nel romanzo – senza la rete di protezione offerta dalla propria terra dove ci sono la famiglia, i colleghi, gli amici, dove ci si può facilmente far capire nella lingua che si conosce dall’infanzia”. Quando il libro uscì nel 1984, Italo Calvino lo definì “il vero avvenimento dell’anno nel campo del romanzo su scala mondiale”. Esagerazione? No. Perché del romanzo Kundera fece la sua più riuscita forma espressiva con cui mettere a tema la condizione umana, l’insostenibile leggerezza dell’essere, mischiando come si usa dire l’alto e il basso, l’aristocratico e il plebeo, serietà e ironia: perché, in fondo in fondo, non c’è vera serietà senza ironia. E nel romanzo ci sono entrambe, giacché non si può parlare di Parmenide e di Nietzsche, sulla musica di Beethoven, in una storia d’amore senza avere insieme serietà e ironia che son la cifra più autentica dell’Europa. Lo scrittore boemo ha incarnato questo spirito europeo, mettendo insieme il Danubio e la Senna, l’Europa centrale e l’illuminismo, mettendo in luce l’ignoranza e la stupidità del totalitarismo e senza nutrire le illusioni stesse di cui si nutrono ciclicamente le democrazie occidentali oscillando tra libertà e decadenza.
La vita di Milan Kundera è semplice nei suoi fatti ma è anche il nutrimento inevitabile della sua arte esposta in “L’arte del romanzo”: nascita, partito comunista, dissenso, espulsione, riammissione, di nuovo dissenso, di nuovo espulsione, esilio, opera. Si possono prendere i titoli con le date e vedere che ad ogni fase corrisponde un testo: “Lo scherzo” 1965, “Amori ridicoli” 1968, “La vita è altrove” 1969, “Il valzer degli addii” 1970. Lo scontro tra Kundera e il potere totalitario, tra lo scrittore e l’ossessione comunista, era inevitabile: le sue opere sono la interna corrosione della stupidità illiberale del regime sovietico. E la più beffarda delle illusioni era per Kundera la Grande Marcia verso l’avvenire e il suo sole universale.
Le sue opere sono tutte pubblicate da Adelphi.
di Giancristiano Desiderio
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