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Quanto ci manca Charlie Brown: 25 anni senza “Peanuts”

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Venticinque anni fa salutavamo per sempre i personaggi dei “Peanuts” così come li aveva immaginati, disegnati e animati la magica penna di Charles Schulz

Quanto ci manca Charlie Brown: 25 anni senza “Peanuts”

Venticinque anni fa salutavamo per sempre i personaggi dei “Peanuts” così come li aveva immaginati, disegnati e animati la magica penna di Charles Schulz

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Quanto ci manca Charlie Brown: 25 anni senza “Peanuts”

Venticinque anni fa salutavamo per sempre i personaggi dei “Peanuts” così come li aveva immaginati, disegnati e animati la magica penna di Charles Schulz

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Un cane aspirante romanziere aviatore, un bambino imbranato che sogna di centrare un fuoricampo quando gioca a baseball con gli amici, una ragazzina dalla mente scettica che offre consigli psicologici per 50 centesimi. Venticinque anni fa salutavamo per sempre i personaggi dei “Peanuts” così come li aveva immaginati, disegnati e animati la magica penna di Charles Schulz, il creatore di Charlie Brown, Lucy e Linus van Pelt, Piperita Patty, il cane Snoopy e tanti altri personaggi indimenticabili vissuti dal 1950 al 2000. In un microcosmo tutto loro, caratterizzato da un’infanzia dolce, malinconica, a volte piena di sfide. In tante strisce a fumetti che avevano trovato consenso e pubblicazione in tutto il mondo.

Se diversi personaggi dei fumetti – da Asterix a Tex Willer, fino a Hugo Pratt – sono in un certo senso sopravvissuti ai loro papà (spesso per esigenze di marketing), le strisce giornaliere dei “Peanuts” hanno salutato i lettori nel 2000 nella maniera più struggente, come forse sarebbe piaciuto al dolce Charlie Brown. L’ultima storia dei bambini creati da Schulz è infatti uscita quasi in coincidenza con la morte del grande fumettista californiano. Già alla fine del 1999, indebolito da una grave malattia e con la vista che declinava, aveva annunciato la decisione di non disegnare più.

In Italia è grazie alla rivista “Linus” (fondata da Giovanni Gandini proprio con il nome di uno dei personaggi di Schulz) che i “Peanuts” conquistano il pubblico. Le loro vicende – le esperienze e le sfide dell’infanzia, il fallimento e la perseveranza – sono profonde e ironiche, condite da tante riflessioni filosofiche sulla vita, sull’amicizia e sull’amore. «Il legame tra Schulz e i suoi “Peanuts” era fortissimo e ne ha caratterizzato anche l’evoluzione e il successo. Ha deciso lui come e quando finire» spiega Max Claudio Gallo, docente di Storia del fumetto all’Università degli Studi di Verona. «Dopo aver disegnato la striscia, un suo assistente aveva l’incarico di farne una fotocopia e mandarla in distribuzione alle principali testate americane, in maniera del tutto artigianale». I “Peanuts” rappresentavano «un piccolo mondo fatto di piste per pattinare e giardini in cui giocare a baseball, con gli adulti di cui vediamo solo le gambe e una grande capacità di toccare i sentimenti dei lettori» osserva ancora Gallo. Schulz aveva un legame profondo con i suoi piccoli personaggi, che aveva dotato della qualità di saper parlare a tutti. E non voleva che venisse alterato quel linguaggio profondo ma immediato che aveva saputo inventare apposta per loro: «Alla fine degli anni Sessanta, emissari della Mondadori – che voleva pubblicare una raccolta delle strisce – dovettero raggiungerlo dall’Italia nella sua casa a Santa Rosa, in California, non solo in una prima fase di approvazione del progetto ma anche una seconda volta, per fargli vedere le prove di stampa».

Venticinque anni dopo, la nostalgia per quel piccolo, poetico mondo è ancora tanta. E chissà poi se Snoopy avrà finito di scrivere quel romanzo che non riusciva mai ad andare oltre l’incipit: «Era una notte buia e tempestosa…».

di Valentina Monarco

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