In Lombardia stop ai medici gettonisti
Curarsi oggi in Lombardia non fa più rima con eccellenza, dove ormai le liste di attesa possono superare anche l’anno
| Salute
In Lombardia stop ai medici gettonisti
Curarsi oggi in Lombardia non fa più rima con eccellenza, dove ormai le liste di attesa possono superare anche l’anno
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In Lombardia stop ai medici gettonisti
Curarsi oggi in Lombardia non fa più rima con eccellenza, dove ormai le liste di attesa possono superare anche l’anno
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Curarsi oggi in Lombardia non fa più rima con eccellenza, dove ormai le liste di attesa possono superare anche l’anno
Negli ospedali della Lombardia non è più possibile chiamare medici e infermieri ‘gettonisti’ ovvero personale assunto a giornata dalle cooperative private. I contratti in essere scadranno e non potranno più essere rinnovati. Una decisione sofferta da parte della Giunta regionale ma resasi necessaria per mettere un freno all’iniquo trattamento salariale fra medici assunti e non. Il divario era tale che negli ultimi tempi il personale con contratto stabile è ricorso a ripetuti scioperi per esprimere il proprio malcontento. Non è chiamando una tantum lavoratori extra – con tutti i problemi organizzativi che ne conseguono – che si risolve il problema della sanità regionale. Curarsi oggi in Lombardia non fa più rima con eccellenza, dove ormai le liste di attesa possono superare anche l’anno.
Eppure, come evidenziato nello studio della Fondazione Hume pubblicato lo scorso aprile su queste pagine, il numero delle visite è persino diminuito dopo la pandemia. Ma è anche vero che i dati Eurostat ci dicono che l’Italia è il terzo Paese europeo fruitore di beni e servizi pagati privatamente dai cittadini sul totale della spesa sanitaria: su 124 miliardi nel 2022, i cittadini ne hanno pagato di tasca propria ben 27. Ciò significa che il ricorso all’attività privata è comprensibilmente sempre più diffuso. Bene per chi si può permettere un’assicurazione privata, male per chi invece ha gli spicci contati e non può far altro che (come si dice a Milano) “attaccarsi al tram”.
Di Ilaria Cuzzolin
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