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La pandemia è un aggravante

La sanità italiana non è in crisi per il Covid, ma a causa di una serie di gravi errori organizzativi come l’assenza di una politica attenta all’assistenza territoriale e alle fragilità.
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La pandemia è un aggravante

La sanità italiana non è in crisi per il Covid, ma a causa di una serie di gravi errori organizzativi come l’assenza di una politica attenta all’assistenza territoriale e alle fragilità.
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La pandemia è un aggravante

La sanità italiana non è in crisi per il Covid, ma a causa di una serie di gravi errori organizzativi come l’assenza di una politica attenta all’assistenza territoriale e alle fragilità.
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La sanità italiana non è in crisi per il Covid, ma a causa di una serie di gravi errori organizzativi come l’assenza di una politica attenta all’assistenza territoriale e alle fragilità.
  La sanità italiana non è in crisi a causa del Covid. Il virus di Wuhan ha solo acceso i riflettori su una situazione ormai in disfacimento, evidenziando una serie di gravi errori organizzativi come l’assenza di una politica attenta all’assistenza territoriale e alle fragilità. I sistemi sanitario e ospedaliero stanno soffocando sotto il peso di una burocrazia clientelare direttamente gestita dalle ventuno amministrazioni regionali e che ha finito per umiliare ed emarginare la dignità e il ruolo degli operatori sanitari. L’enorme e crescente potere di questa burocrazia ‘politica’ è la conseguenza diretta della legge Bindi e della riforma del Titolo V della Costituzione, che hanno assegnato al controllo diretto di dirigenti regionali di partito la governance della sanità in tutti i suoi aspetti, comprese ovviamente assunzioni e carriere. Riportare il sistema sanitario a svolgere i compiti che la nostra Costituzione gli assegna certamente non può prescindere da un maggiore impegno finanziario da parte dello Stato; tale finanziamento, oggi favorito dal Pnrr, non potrà però produrre alcun risultato senza una radicale trasformazione del sistema di governo. Diversi erano i segnali che da tempo, ben prima della pandemia, ne denunciavano l’inadeguatezza: la fuga all’estero dei giovani laureati; l’ondata di richieste di prepensionamento, dopo l’approvazione di Quota 100, da parte dei medici ospedalieri (una delle poche categorie di lavoratori dipendenti che in passato tentavano, al contrario, di allungare i tempi di permanenza al lavoro); i molti concorsi per assunzione presso Pronto soccorso andati letteralmente deserti; la progressiva riduzione di specialisti nelle branche chirurgiche. Il malessere dei medici non è causato soltanto da retribuzioni fra le più basse d’Europa, così come questa non è la principale causa dell’emigrazione dei giovani laureati. La fuga dall’Italia è semmai dovuta al mancato riconoscimento del loro ruolo professionale e sociale; meglio, alla progressiva perdita di ruolo che in questi anni si è verificata a fronte di una sempre più forte pervasività del sistema burocratico e di una forte subalternità del ruolo sanitario, che ha trasformato dei professionisti in impiegati le cui carriere finiscono per dipendere più dall’appartenenza politica o sindacale, più dall’acquiescenza al decisore burocrate che non dalle capacità professionali. La perdita della dignità del ruolo e della credibilità hanno peraltro favorito l’enorme incremento della conflittualità legale, in cui spesso il medico è lasciato da solo, quando non perseguito anche dalla sua stessa azienda. Non deve quindi sorprendere la conseguente fuga dalle specialità più a rischio, ma proprio per questo più importanti per la cura delle grandi patologie e delle acuzie. Tutto esattamente all’opposto di quanto avviene in altri Paesi, facilmente raggiungibili e in grado di garantire un lavoro molto meglio remunerato e soprattutto molto più appagante e consono alle aspettative di chi ha completato un lungo, difficile corso di studi. Occorre una decisione politica, non solo un adeguato stanziamento di fondi. Già verso la fine del secolo scorso, quando, discutendo con alcuni colleghi stranieri, mi capitava di dire che i dirigenti dei nostri ospedali erano direttamente nominati dalla politica, venivo guardato come un marziano. A quasi un quarto del nuovo secolo, non ci siamo mossi da Marte e non se ne vede la fine.     di Cesare Greco

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