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Caroline Pagani

Caroline Pagani racconta “Pagani per Pagani”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Caroline Pagani sul disco “Pagani per Pagani”, un incontro tra musica e teatro con le canzoni di suo fratello Herbert Pagani

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Caroline Pagani racconta “Pagani per Pagani”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Caroline Pagani sul disco “Pagani per Pagani”, un incontro tra musica e teatro con le canzoni di suo fratello Herbert Pagani

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Caroline Pagani racconta “Pagani per Pagani”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Caroline Pagani sul disco “Pagani per Pagani”, un incontro tra musica e teatro con le canzoni di suo fratello Herbert Pagani

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Caroline Pagani sul disco “Pagani per Pagani”, un incontro tra musica e teatro con le canzoni di suo fratello Herbert Pagani

Dopo le reinterpretazioni di brani come PalcoscenicoAlbergo a ore e Ti ringrazio vita, dal 29 novembre scorso è disponibile in formato digitale, CD e vinile “PAGANI PER PAGAN”I, il doppio album omaggio a Herbert Pagani realizzato dalla sorella, attrice e cantante, Caroline Pagani.

Frutto di due anni di intenso lavoro, l’album raccoglie collaborazioni prestigiose con artisti del calibro di Danilo Rea, Fabio Concato, Giorgio Conte, Shel Shapiro, Alessandro Nidi, Moni Ovadia, Francesca Della Monica e altri. Questo progetto celebra l’amore in tutte le sue forme, intrecciando musica, poesia, teatro e pittura, e rendendo omaggio a Herbert Pagani come artista visionario e poliedrico.

Con una sorprendente capacità di anticipare i tempi, Herbert Pagani aveva già affrontato temi di grande attualità come pandemie, guerre, cambiamenti climatici e la necessità del riciclo, trasmettendo messaggi di umanità e fratellanza. Le sue canzoni raccontano passioni profonde e sentimenti autentici.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Caroline per sapere da lei qualcosa di più di questo progetto

Come mai hai scelto di dar vita a questo disco?

“Ho sempre avuto questa idea, fin da quando ero giovane. Tuttavia, per realizzarla, erano necessari mezzi tecnici, espressivi ed economici che allora non possedevo.

Ho lavorato intensamente su questo progetto, studiando a fondo le canzoni insieme a Francesca Della Monica, vocal performer e pedagoga della voce, che insegna in tutte le principali scuole di teatro in Italia, come il Piccolo di Milano, Siracusa, Torino e il Teatro Nazionale di Genova. Francesca si è innamorata del progetto e ho deciso di coinvolgerla. Allo stesso modo, ho coinvolto altri artisti che stimo, amo e apprezzo, alcuni incontrati casualmente, altri scelti intenzionalmente. Ho deciso di riarrangiare le canzoni, dando loro una veste più moderna ma evitando una strumentazione troppo invadente, per mantenere i testi – che sono la parte più importante – al centro.”

Parallelamente a questo doppio album hai dato vita anche a uno spettacolo-concerto, “Per amore dell’amore”, che di fatto da corpo ulteriormente alle anime diverse che albergano nel progetto. Come ci hai lavorato?

“Per la veste grafica, mi sono affidata alle sue opere, bellissime sculture. Lo spettacolo ‘Concerto’ è il progetto parallelo a questo disco, e sono due iniziative che ho curato, incubato e realizzato insieme, parallelamente. Durante le canzoni si vedono in scena le opere che lui realizzava per i suoi concerti: scenografie, dipinti, disegni e video proiezioni, tutte sue creazioni. Inoltre, ho sicuramente attinto dalle mie peculiarità di attrice, visto che molte canzoni sono proprio teatro-canzone. Alcune si prestano particolarmente a essere interpretate da un’attrice oltre che da una cantante. ‘Palcoscenico’ è un esempio di questo tipo di canzone, ed è per questo che l’ho scelta come primo singolo. Per il videoclip, girato a Venezia, ho fatto riferimento ai miei studi su Shakespeare, al tragicomico, e al mescolare fonti alte con quelle basse, popolari. Ho voluto creare un prodotto che arrivasse a tutti, ma che fosse anche ricco, con tanti livelli e strati. Il teatro, infatti, unisce tutte le arti: scenografia, pittura, parola, corpo e immagine.”

Proprio “Palcoscenico” tuo fratello cantava “Perché in TV non c’è rubrica per cantautori rompiglioni”… non è cambiato molto

“Ma certo, è sempre così, nulla è cambiato. È quello che gli disse il suo primo discografico. Sai, è come quando a me certi registi hanno detto: ‘Questo è un mestiere da puttane, attrice.’ Sono quelle cose che si sentono dire da sempre, le solite frasi fatte.”

Com’è stato gestire l’emotività nel cantare canzoni così profonde, ancor di più perché scritte da tuo fratello?

“Sì, infatti, ho dovuto imparare a tenerla a bada, perché nel canto l’emotività può giocare brutti scherzi. Anzi, a volte può fregarti. Per la tecnica, l’emotività può aiutare nell’interpretazione, ma non bisogna lasciarsi sopraffare. Per fortuna, sono riuscita a imparare a non farmi sopraffare dall’emotività.”

Cosa manca di più di un cantautore come tuo fratello oggi?

“Probabilmente il suo impegno civile e politico, il suo approccio poliedrico alla comunicazione tra le arti, e la sua capacità di essere così semplice, senza concentrarsi troppo sulla sua figura di cantante o cantautore. Amava profondamente ciò che faceva, e credo che sentisse di avere una sorta di missione: quella di trasmettere messaggi di pace, sostenibilità, cura per il nostro pianeta, amore per le città in cui viviamo e per le vocazioni che scegliamo di seguire. La sensibilità, la cura e l’attenzione per il nostro pianeta erano temi che gli stavano molto a cuore. Ad esempio, in ‘Megalopoli’, un’opera rock che aveva avuto molto successo in Francia, trattava della fine del mondo causata dai cambiamenti climatici, dalle pandemie, dalle guerre e da un uso irresponsabile e perverso della tecnologia.”

Non trovi che oggi si parli sempre meno d’amore?

“Sono d’accordissimo. Infatti, ho intitolato lo spettacolo Per amore dell’amore, che potrebbe sembrare un titolo un po’ demodé, ma poi il Teatro Franco Parenti ha scelto La bella stagione e E se tornassimo a parlare d’amore?. E allora, per amore dell’amore, scusami, sai? Basta. L’amore è un adattamento di una canzone famosissima di Jacques Brel, cantata da molti, che si intitola Quand on n’a que l’amour. Amo molto questa versione perché è molto meno melodrammatica. Rimane una canzone intensa e bellissima, ma più leggera. E poi sì, è semplice: parla della forza dell’amore che vince su tutto. Ecco.”

Ci racconti qualche aneddoto sulla registrazione di questo disco?

“Morgan mi disse: ‘Voglio fare Lombardia, perché sono milanese e perché piaceva molto a Battiato.’ Per un po’ sembrava che dovessimo farla insieme, ma alla fine non siamo riusciti a concretizzare, quindi l’ho registrata io. Volevo rifare l’arrangiamento ad hoc per lui, era pronto, l’avevamo già preparato. Però era un po’ difficile da gestire tra i suoi impegni etc. Comunque, lui voleva farla, gli piaceva tantissimo”.

di Federico Arduini

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