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Gianni Canova Oscar 2022 Cinema

Cinema e critica schiaffati lì

Che critica può mai essere quella che si occupa per otto decimi dello sganassone rifilato da Will Smith a Chris Rock alla notte degli Oscar 2022? È la domanda urticante che ci pone Gianni Canova. Il pensiero del rettore dell’Università Iulm di Milano riguardo gli Oscar.
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Cinema e critica schiaffati lì

Che critica può mai essere quella che si occupa per otto decimi dello sganassone rifilato da Will Smith a Chris Rock alla notte degli Oscar 2022? È la domanda urticante che ci pone Gianni Canova. Il pensiero del rettore dell’Università Iulm di Milano riguardo gli Oscar.
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Cinema e critica schiaffati lì

Che critica può mai essere quella che si occupa per otto decimi dello sganassone rifilato da Will Smith a Chris Rock alla notte degli Oscar 2022? È la domanda urticante che ci pone Gianni Canova. Il pensiero del rettore dell’Università Iulm di Milano riguardo gli Oscar.
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Che critica può mai essere quella che si occupa per otto decimi dello sganassone rifilato da Will Smith a Chris Rock alla notte degli Oscar 2022? È la domanda urticante che ci pone Gianni Canova. Il pensiero del rettore dell’Università Iulm di Milano riguardo gli Oscar.
«Che giornalismo è, che critica può mai essere quella che si occupa per otto decimi dello sganassone rifilato da Will Smith a Chris Rock alla notte degli Oscar 2022 e non riesce più a porsi una domanda sulla capacità (o incapacità) del cinema di regalare ancora magia?». È la domanda urticante, pur con i modi affabili e il racconto affascinante di sempre, che ci pone Gianni Canova. Il rettore dell’Università Iulm di Milano ama il cinema con sguardo profondo e anticonformista. «Se gli Oscar, al di là della spettacolarità del gesto, si riducono a quello – continua – allora ha ragione la storica rivista francese “Cahiers du Cinema” che nel suo ultimo numero si chiedeva, con in copertina il “Batman” di Robert Pattinson, se la capacità di generare magia non sia ormai finita». Quanto alla pellicola premiata come miglior film, “CodaI segni del cuore”, Gianni Canova non nasconde le sue perplessità per un deficit di originalità che non dovrebbe sfuggire: «Come non ricordare che “Coda” non è altro che la trasposizione in un concept americano di un film francese, francamente anche più bello. Si è cambiata l’estrazione della famiglia protagonista, oltre che la localizzazione, ma l’idea di base resta quella. Non il massimo». Chi, invece, non dovrebbe rammaricarsi per la mancata statuetta è Paolo Sorrentino. «Innanzitutto – sottolinea Canova – se ancora non l’avete visto, correte e godetevi “È stata la mano di Dio”, uno dei film più belli in assoluto del cineasta italiano. Sorrentino non ha vinto anche perché gli Oscar sono spesso figli dell’indirizzo politico e delle mode del momento, ma tutto questo non pregiudica il giudizio su un grande film». Intrigante, poi, la lettura che il rettore dell’Università Iulm dà della polemica che ha preceduto e seguito gli Oscar, riguardo la mancata partecipazione in collegamento del presidente ucraino Zelensky. «Personalmente, ritengo sia stata una buona cosa evitare un suo intervento durante lo show, ma proviamo ad andare oltre. La cinematografia ucraina, dal dissolvimento dell’Urss a oggi, sapete quante volte è andata in nomination? Zero. Non ha praticamente avuto alcun peso nell’Academy, mentre per ben sei volte film russi sono stati candidati alla statuetta, anche se hanno vinto in una sola occasione, con Nikita Mikhalkov e il suo “Sole ingannatore” del 1995. Per capirci, nello stesso periodo l’Italia ha avuto solo cinque nomination. Insomma, l’Academy ha avuto negli anni una costanza di rapporti con il mondo cinematografico russo (e non ucraino) che può aver fatto sentire il suo peso anche in queste giornate difficili. Soprattutto, non va mai dimenticato che la galassia degli Oscar è un complesso concentrato di interessi ed equilibrismi politici». Infine, un’annotazione sui cinque Oscar tecnici vinti da “Dune”, vergognosamente oscurati nel tentativo fallito di dare ritmo e brio alla serata. «Una pessima scelta, che tradisce l’idea stessa di cinema e anche quel pubblico giovane che, oltre il fascino di attori come Zendaya o Timothée Chalamet, percepisce con naturalezza la grandezza di un’opera, in cui montaggio, scenografia e musica ti trasportano in un’altra dimensione. Senza dirtelo». Ancora una volta, toccherà guardare ai nostri figli e alle loro passioni, per salvarci dal politicamente corretto e dal sempre uguale. Per ricordarci che il cinema è magia o non è.   di Marco Sallustro

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