Clint Eastwood, i 95 anni del divo divenuto cineasta
Alto, di poche parole, stoico e indurito dalla vita: l’uomo con una pistola e con una missione compie 95 anni. Personificazione dell’epopea western, Clint Eastwood ha incarnato l’essenza dell’eroe americano
Clint Eastwood, i 95 anni del divo divenuto cineasta
Alto, di poche parole, stoico e indurito dalla vita: l’uomo con una pistola e con una missione compie 95 anni. Personificazione dell’epopea western, Clint Eastwood ha incarnato l’essenza dell’eroe americano
Clint Eastwood, i 95 anni del divo divenuto cineasta
Alto, di poche parole, stoico e indurito dalla vita: l’uomo con una pistola e con una missione compie 95 anni. Personificazione dell’epopea western, Clint Eastwood ha incarnato l’essenza dell’eroe americano
Alto, di poche parole, stoico e indurito dalla vita: l’uomo con una pistola e con una missione compie 95 anni. Personificazione dell’epopea western, Clint Eastwood ha incarnato l’essenza dell’eroe americano, con tutti i suoi ideali e tutte le sue ambizioni. Lui, figlio del West, nato il 31 maggio 1930 e cresciuto in California, è stato allievo della scuola di John Ford e John Wayne. Ed è riuscito a scrivere nuove pagine della storia del cinema. Per molti attori essere diventati una delle più grandi star del mondo sarebbe stato più che sufficiente. Ma non per lui, che ha sentito la necessità di mettersi dietro la macchina da presa.
Diventato popolare grazie a Sergio Leone e Don Siegel, Eastwood ha raggiunto la definitiva consacrazione da interprete negli anni Settanta. Nel poliziesco “Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!”, primo capitolo della saga di “Dirty Harry”, interpreta l’antieroe duro e burbero Harry Callaghan. La serie è poi proseguita con altri quattro capitoli, fra il 1973 e il 1988. Sempre negli anni Settanta si era già messo in gioco da regista con “Brivido nella notte” (1971). Decidendo di allontanarsi dallo sperimentalismo del cinema d’arte di quegli anni per lavorare all’ombra di generi consolidati.
Da cineasta alle prime armi, ha preso ispirazione dai registi che più ammirava, ossia i già citati Leone e Don Siegel. Ma è comunque riuscito a conquistare la sua indipendenza con “Il texano dagli occhi di ghiaccio” (1976). Film che ha definito la sua concezione di western. L’opera inizia come un classico della tradizione per poi virare verso un racconto fatto di redenzione e riconciliazione. Dai film d’azione convenzionali come “Assassinio sull’Eiger” (1975) a commedie sorprendenti come “Bronco Billy” (1980), Eastwood si è messo in discussione senza badare al genere. E, nonostante qualche uscita a vuoto, è riuscito sempre a distinguersi come un ottimo narratore.
Uno dei suoi grandi pregi è l’eclettismo. Si è sempre adattato alla sceneggiatura o al romanzo in maniera camaleontica, adeguando lo stile – a volte eccessivamente essenziale – al copione. Ma non solo. La leggenda di Hollywood è riuscita a ritrarre sul grande schermo un eroe nuovo, lontano da quelli dei fumetti e dei classici. Gli eroi nel suo cinema sono persone normalissime che fanno cose straordinarie, uomini complessi che possono ispirare lo spettatore e diventare un esempio senza cadere nell’agiografia. Basti pensare ad “American Sniper” (2014), basato sull’omonima autobiografia di Chris Kyle, il tiratore scelto più letale di tutta la storia militare degli Stati Uniti. Sarebbe stato semplice fare un classico film d’azione, ma Eastwood ha preferito restituire la complessità di un uomo che ha sempre combattuto. In guerra come a casa.
L’eroe è prima di tutto un essere umano e a volte potrebbe persino essere ricordato come il cattivo. Emblematico il caso di “Richard Jewell” (2019), basato sulla storia vera della guardia di sicurezza accusata di essere complice dell’attentato di Atlanta del 1996. Un salvatore segnato da una falsa accusa, una vicenda che ci racconta come lo storytelling possa contare più della verità.
Non sappiamo se Eastwood ci regalerà un’altra pellicola dopo “Giurato numero 2”, un’analisi perentoria e mai didascalica sul funzionamento della giustizia negli Stati Uniti. Ma una cosa è certa: mai nessuno nella storia del cinema è riuscito a mantenere così costante la quantità e la qualità dei film diretti e interpretati.
Di Massimo Balsamo
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