“Conference o Interpol”: facce da calciatori o criminali
“Conference o Interpol”, il quiz irriverente spagnolo che smaschera i pregiudizi e recupera un elemento che nel calcio moderno sembra essersi smarrito: lo spirito da bar
“Conference o Interpol”: facce da calciatori o criminali
“Conference o Interpol”, il quiz irriverente spagnolo che smaschera i pregiudizi e recupera un elemento che nel calcio moderno sembra essersi smarrito: lo spirito da bar
“Conference o Interpol”: facce da calciatori o criminali
“Conference o Interpol”, il quiz irriverente spagnolo che smaschera i pregiudizi e recupera un elemento che nel calcio moderno sembra essersi smarrito: lo spirito da bar
Tre amici, una tavola che sembra quella di un’osteria, magliette di calcio alle pareti e il gioco diventato una vera mania web. È lo scenario che fa da sfondo a “Conference o Interpol”, un format spagnolo nel quale i tre protagonisti – Alex, David e Dario – guardando una foto in primo piano devono indovinare se si tratta di un calciatore della Conference League o di un criminale ricercato dall’Interpol. Un’idea semplice e provocatoria, che proprio per la sua immediatezza sta spopolando sui social, facendo arrivare le dirette Facebook del trio Línea de Cal (che anima il programma) a oltre un milione di visualizzazioni.
Il meccanismo è quello del quiz improvvisato tra amici al bar, ma con una virata sardonica: le risate si mescolano alla sorpresa di scoprire quanto i pregiudizi estetici possano trarre in inganno. Capelli rasati, barba incolta, sguardo truce? Potrebbe essere un difensore centrale di una squadra cipriota come un ricercato internazionale. La capacità di mettere a nudo i nostri automatismi visivi, ma anche l’ironia tagliente su certe estetiche proposte da calciatori pienamente consapevoli di essere anche personaggi da Instagram, trasformano il momento di gioco in una finestra ironica sulla cultura calcistica e sul potere dell’immagine. Tanto che molti spettatori, nei commenti, confessano di non riuscire realmente più a distinguere i calciatori professionisti dai sospettati dell’Interpol.
Un gioco che richiama le care, vecchie dinamiche di un post partita al pub con gli amici, diventato però in breve tempo un fenomeno mediatico internazionale imitato in altri Paesi e riproposto in diverse varianti. «Credo che format come questo diventino virali perché si inseriscono in un racconto alternativo rispetto al calcio tradizionale» spiega a “La Ragione” Luigi Di Maso, social, digital e content editor nel mondo del calcio nonché autore della newsletter “Bosman”. «Oggi molti format sono patinati e privi di sorpresa. La televisione sportiva segue schemi molto rigidi: quando arriva qualcosa capace di romperli, immediatamente cattura l’attenzione. In questo caso c’è un meccanismo in grado di esaltare il lato assurdo ed esotico di competizioni come la Conference League, che forse non sentivamo nemmeno il bisogno di seguire, ma quando ci vengono messe davanti finiscono per incuriosirci. Magari perché la nostra squadra ci è capitata dentro. La forza dei contenuti meme sta proprio nel loro andare oltre l’ordinario: dentro di noi c’è sempre un black humour un po’ dormiente».
“Conference o Interpol” recupera un elemento che nel calcio moderno sembra essersi smarrito: quello spirito da bar, fatto di battute e chiacchiere leggere, che un tempo accompagnava ogni post partita. Oggi, in uno scenario cannibalizzante dominato da analisi tattiche, telecamere ovunque e una narrazione sempre più filtrata, i momenti orientati al gioco e alle chiacchiere in libertà restituiscono una dimensione spontanea e popolare che molti tifosi avvertono come perduta.
Le iniziative dal basso, da Twitch ai social, rappresentano quindi una sorta di “Bar dello sport 4.0”, in grado di tenere vivo uno spirito che altrimenti faticherebbe a non scomparire del tutto. «Oggi ai “90 minuti” si contrappone un mondo costante di stimoli dai social. La disintermediazione ha cambiato tutto: i tifosi possono diventare youtuber, creare nuovi format social, mentre calciatori e allenatori hanno la possibilità di comunicare direttamente, senza mediazioni giornalistiche» riflette Di Maso. «Sui social cerchiamo contenuti leggeri e immediati. La comunicazione spontanea degli ideatori di format come questo crea la giusta empatia con chi magari è interessato ad aspetti più giocosi e meno legati ad analisi tecniche e tattiche».
Di Valentina Monarco
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