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Dalla e Battisti, l’eredità dei due Lucio

Il nome è quello di Lucio, le date il 4 e il 5 marzo di ottantun anni fa. I protagonisti? Lucio Dalla e Lucio Battisti

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Dalla e Battisti, l’eredità dei due Lucio

Il nome è quello di Lucio, le date il 4 e il 5 marzo di ottantun anni fa. I protagonisti? Lucio Dalla e Lucio Battisti

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Dalla e Battisti, l’eredità dei due Lucio

Il nome è quello di Lucio, le date il 4 e il 5 marzo di ottantun anni fa. I protagonisti? Lucio Dalla e Lucio Battisti

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Il nome è quello di Lucio, le date il 4 e il 5 marzo di ottantun anni fa. I protagonisti? Lucio Dalla e Lucio Battisti

La storia della musica è ricolma di vicende incredibili e imprese artistiche capaci di segnare epoche. Per alcuni sarebbero dovuti a una volontà divina – come altro spiegare il genio di Mozart? – per altri a fortunate, ma incisive coincidenze. Di queste ce n’è una particolarmente significativa nella storia della canzone italiana e ruota intorno a un nome di battesimo, a un lasso di tempo inferiore a 24 ore e a una distanza di circa 350 chilometri. Il nome è quello di Lucio, le date il 4 e il 5 marzo di ottantun anni fa. I protagonisti? Lucio Dalla e Lucio Battisti, separati alla nascita da solo poche ore, divisi nell’arte da stili e attitudini diverse, di nuovo vicini nella grandezza e nel lascito artistico.

Da una parte Dalla, con la sua ipnotica presenza scenica e un’esplosiva personalità, la voglia di suonare e vivere il mondo fino all’ultimo giorno. Il groove e il jazz, il clarinetto e lo scat. E poi l’amore per Bologna, per gli ultimi e per il mare. Dall’altra Battisti, adorato dal grande pubblico più per l’indimenticabile sodalizio con Mogol che per la parte finale della carriera in cui pure emersero il musicista sopraffino che era, il suo innamoramento per l’elettronica e la sperimentazione spinta all’estremo. L’addio alle scene, avvenuto anni prima, dopo l’apice (non soltanto suo, ma dell’intera storia della canzone italiana) al fianco di Mina in un memorabile medley televisivo nell’aprile del 1972. L’ultima intervista nel 1979 e poi soltanto i dischi a parlare per lui, isolato e consacrato alla musica.

Il primo Lucio era piccolo, con gli occhialini tondi e il tipico cappellino di lana. Il secondo riccioluto (talvolta baffuto)foulard annodato al collo e un outfit sempre molto Seventies. Iconici e unici. Di pochi artisti si può affermare di riconoscere con inequivocabile certezza la musica ascoltandone solo qualche nota. Prerogativa dei più grandi. E i due Lucio lo sono stati eccome, penne di canzoni immortali, capaci d’incastonare sul pentagramma melodie come dirompenti grimaldelli di emozione anche per gli animi più chiusi. Bastino per Dalla gli album della “trilogia del disvelamento” (“Lucio Dalla”, “Com’è profondo il mare” e “Dalla”), per Battisti non soltanto il formidabile e omonimo disco d’esordio, ma anche “Emozioni” e “Il mio canto libero”, senza dimenticare il più tardo “Don Giovanni”.

Ancora oggi i due Lucio sono amatissimi anche dai più giovani, che li scoprono nelle playlist di giorno in giorno: dal 2019 – per fortuna – c’è anche Battisti, che fino ad allora non era presente nei cataloghi della musica digitale per volere della vedova. Negli anni Ottanta ci fu la fugace possibilità di un incontro sul palco, di un progetto assieme. L’idea fu di Dalla, che provò a coinvolgere Battisti con una proposta: «Lui non si esibiva in pubblico dai giorni dei concerti con i Formula Tre, roba dei primi anni Settanta, così pensai fosse venuto il momento di sottrarlo all’isolamento» raccontò in seguito. «Fu molto gentile. Accettò l’invito al ristorante e dopo aver parlato del passato gli esposi cosa mi frullava per la testa. Un grande show itinerante che si sarebbe chiamato “I due Lucio”». Ma il miracolo non si concretizzò mai: «Mi ascoltò con attenzione, per un attimo sperai di averlo convinto. Ma alla fine, con grande garbo, mi rispose che non era il caso: “Sai, ormai faccio cose diverse, mi piace sperimentare…”».

Se ne sono andati entrambi troppo presto, ma le loro canzoni acquisiscono col tempo sempre più valore e chissà, un giorno arriveranno a essere persino studiate nelle scuole.

di Federico Arduini

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