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David McWilliams, il cantore della miseria di Belfast

Il ritratto di David McWilliams, cantautore dell’Irlanda del Nord, che con la sua chitarra e le sue canzoni che parlano della rabbia popolare, di miseria e di disperazione fu adorato da tutti gli irlandesi e da grandi artisti come David Bowie.
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David McWilliams, il cantore della miseria di Belfast

Il ritratto di David McWilliams, cantautore dell’Irlanda del Nord, che con la sua chitarra e le sue canzoni che parlano della rabbia popolare, di miseria e di disperazione fu adorato da tutti gli irlandesi e da grandi artisti come David Bowie.
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David McWilliams, il cantore della miseria di Belfast

Il ritratto di David McWilliams, cantautore dell’Irlanda del Nord, che con la sua chitarra e le sue canzoni che parlano della rabbia popolare, di miseria e di disperazione fu adorato da tutti gli irlandesi e da grandi artisti come David Bowie.
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Il ritratto di David McWilliams, cantautore dell’Irlanda del Nord, che con la sua chitarra e le sue canzoni che parlano della rabbia popolare, di miseria e di disperazione fu adorato da tutti gli irlandesi e da grandi artisti come David Bowie.
David McWilliams nasce a Belfast pochi giorni dopo l’annuncio che la guerra è finita. Nel mondo, ma non nell’Irlanda del Nord. A tre anni la sua famiglia, terrorizzata dagli scontri, si trasferisce a Ballymena, dove David cresce nella povertà tipica delle famiglie operaie di allora. Da adolescente va anche lui in fabbrica, quella in cui gli inglesi costruiscono i missili Shorts: «A 15 anni ne avevo abbastanza della miseria, della guerra, della disciplina militare degli invasori inglesi. Mi sono messo a fare l’artista di strada, rischiando ogni sera le botte dei poliziotti ubriachi». A Belfast, in quegli anni, esplodono i Them di Van Morrison e Radio Caroline – la famosa emittente pirata londinese che farà la fortuna del beat, del blues bianco e del rock – introduce una trasmissione settimanale sulla musica dell’Ulster nella quale finisce David, con la sua chitarra e le sue canzoni che parlano della rabbia popolare, della miseria terribile, della disperazione. Si guadagna da vivere giocando come portiere del Linfield, una delle squadre di calcio di Belfast, che lo paga 40 sterline a settimana – abbastanza per affittare una stanza e avere di che mangiare. David incontra Dominic Behan – un uomo famosissimo: cantante folk di successo e attivista dell’Ira, adorato da tutti gli irlandesi, specie quelli emigrati in Inghilterra – che gli procura un contratto discografico con la Cbs e una stanza in affitto a Londra, di modo che possa occuparsi solo di musica. Il suo primo disco contiene “The days of Pearly Spencer”, il disperato racconto della quotidianità di un barbone anziano di Ballymena, vicino alla morte senza mai aver avuto la possibilità di vivere. La canzone vende milioni di copie in tutto il mondo, in Italia viene portata al successo (con un testo imbecille e il titolo “Il volto della vita”) da Caterina Caselli. Ma McWilliams si rivela un cantautore regionale, adorato nell’Irlanda del Nord, amato da giovani artisti inglesi (come David Bowie, che lo chiamava «la mia icona preferita») e negli anni Settanta torna a Ballymena. Da allora in poi suonerà solo nell’Ulster, nei pub o per strada, fino alla sua morte, per collasso cardiaco, a soli 56 anni. I suoi concerti erano aperti sempre dalla stessa frase: «Rappresento ogni irlandese, cattolico e protestante, perché la nostra disperazione e la nostra solitudine è una sola, comune e rimarrà tale, accompagnata dalla miseria, finché, invece di scannarci tra noi, non cacceremo a calci gli invasori dall’isola». Frasi che gli sono costate il costante controllo da parte della polizia e, di tanto in tanto, qualche scappellotto nei vicoli, di notte, quando tornava alticcio a casa: «Sono nato figlio dell’occupazione inglese e purtroppo morirò schiavo, come tutti. La musica è stata una tentazione, ma alla fine sono rimasto fedele al nostro comune destino».   Di Paolo Fusi

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