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Guerre stellari per adulti

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“Andor”, la serie tv creata da Tony Gilroy, dimostra che, se messo nelle giuste mani, il marchio “Star Wars” ha ancora molto da dire

guerre stellari per adulti

Guerre stellari per adulti

“Andor”, la serie tv creata da Tony Gilroy, dimostra che, se messo nelle giuste mani, il marchio “Star Wars” ha ancora molto da dire

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Guerre stellari per adulti

“Andor”, la serie tv creata da Tony Gilroy, dimostra che, se messo nelle giuste mani, il marchio “Star Wars” ha ancora molto da dire

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L’offerta seriale degli spin-off della saga di “Guerre Stellari”, iniziata sei anni fa con il promettente “The Mandalorian”, si è rivelata un disastro. Le avventure del cacciatore di taglie e l’adorabile Baby Yoda hanno rapidamente perso mordente. Le serie tv dedicate a Boba Fett, Obi Wan-Kenobi e Ashoka Tano hanno deluso gli appassionati e allontanato il nuovo pubblico. Il pessimo “The Acolyte” ha dato poi il colpo di grazia a un franchise che, a causa delle scelte sbagliate della Disney, sopravvive esclusivamente della gloria di un passato lontano lontano. In mezzo a questa lista di fallimenti c’è “Andor”. La serie creata da Tony Gilroy – autore della trilogia cinematografica di Jason Bourne – non esente da difetti ma in grado di dimostrare che, se messo nelle giuste mani, il marchio “Star Wars” ha ancora molto da dire.

Il protagonista è Cassian Andor (impersonato da Diego Luna), il capo ribelle visto nel film prequel della trilogia originale “Rogue One: A Star Wars Story”. All’inizio della prima stagione della serie è ancora un semplice (e un po’ losco) cittadino dell’Impero Galattico alla ricerca della sorella scomparsa. A causa di un diverbio in un bordello, Cassian viene importunato da due agenti della sicurezza della corporazione che gestisce l’attività industriale del pianeta. Finendo con l’ucciderli. Questo duplice omicidio innescherà una catena di eventi che porterà il protagonista a essere reclutato dal nascente movimento dei ribelli anti-imperiali per fare una rapina. Fino a convincerlo a unirsi a loro.

“Andor” è la storia di “Guerre Stellari” con i toni più adulti mai visti in tutta la saga. Qui non ci sono spade laser e i poteri soprannaturali dei Jedi e dei Sith né personaggi ‘pupazzosi’ e omini verdi. Un’interpretazione più matura, che racconta la ribellione dal punto di vista delle persone comuni: sia quella dei cittadini lavoratori dei vari pianeti dell’Impero Galattico sia quella dei funzionari dell’apparato repressivo del regime e dei politici e oligarchi che appoggiano la ribellione tramando nei palazzi del pianeta-capitale Coruscant.

La scrittura metodica di Gilroy mette da parte la magia e i colori di “Guerre Stellari” per sostituirli con la cupa realtà della lotta contro un regime fascista. Di cui viene mostrato l’apparato burocratico e politico. Un racconto corale, dove oltre a Cassian i protagonisti sono personaggi come la senatrice ‘ribelle’ Mon Mothma (Genevieve O’Reilly) e la gelida funzionaria dell’intelligence imperiale Dedra Meero (Denise Gough).

“Andor” è una serie dai grandi mezzi produttivi. Con scenografie e costumi ‘realistici’ che trasmettono la sporcizia dei bassifondi della galassia lontana lontana, l’asetticità degli uffici degli apparati imperiali e lo splendore dei palazzi dell’aristocrazia del regime. Il difetto principale della serie è la lentezza con cui si svolgono gli eventi. La prima stagione uscita nel 2022 è composta da 12 episodi divisi in quattro archi narrativi da tre puntate che potevano tranquillamente essere due.

Una storia faticosa da seguire al ritmo di un episodio a settimana e che all’epoca ha scoraggiato molti spettatori. La seconda e ultima stagione (attualmente in corso su Disney+) ha lo stesso problema. Ma stavolta i 12 episodi usciranno in blocchi da tre puntate a settimana: quattro archi narrativi che porteranno agli eventi di “Rogue One”. Ciò nonostante “Andor” resta la serie giusta di “Guerre Stellari”, arrivata però nel momento sbagliato. Una perla apprezzata dalla critica e da una nicchia di intenditori che, purtroppo, passerà inosservata dal grande pubblico.

Di Federico Bosco

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