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Jovanotti presenta “Il corpo umano”, in uscita il 31 gennaio

In un Teatro Lirico di Milano pieno di stampa e fan, Jovanotti ha presentato il suo nuovo album “Il corpo umano”, raccontando le difficoltà degli ultimi anni

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Jovanotti presenta “Il corpo umano”, in uscita il 31 gennaio

In un Teatro Lirico di Milano pieno di stampa e fan, Jovanotti ha presentato il suo nuovo album “Il corpo umano”, raccontando le difficoltà degli ultimi anni

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Jovanotti presenta “Il corpo umano”, in uscita il 31 gennaio

In un Teatro Lirico di Milano pieno di stampa e fan, Jovanotti ha presentato il suo nuovo album “Il corpo umano”, raccontando le difficoltà degli ultimi anni

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In un Teatro Lirico di Milano pieno di stampa e fan, Jovanotti ha presentato il suo nuovo album “Il corpo umano”, raccontando le difficoltà degli ultimi anni

Sono circa le 19:30 al Teatro Lirico di Milano quando una voce annuncia che, tra pochi minuti, lo show sarebbe iniziato, concludendo con un ironico e diretto: “È assolutamente vietato NON fare video: fate quel caxxo che vi pare!”. Un messaggio che riflette pienamente lo stile inconfondibile di Jovanotti, in aperta risposta a chi vieta video e riprese durante i concerti. Pochi istanti dopo, è la musica a prendersi la scena: il palco si accende sulle note di La grande emozione, brano tratto dal nuovo disco, accompagnato dalle immagini di alcuni momenti chiave degli ultimi anni.

Dai successi del Jova Beach Party all’incidente in bicicletta a Santo Domingo, che gli ha causato la rottura di femore e clavicola, fino alla lunga e impegnativa riabilitazione che ne è seguita. E infine ecco Lorenzo a svelare “Il Corpo Umano”, il nuovo disco in uscita venerdì: “Il corpo umano è stata la mia grande scoperta durante l’ultimo viaggio, un anno e mezzo tra fisioterapia, batteri, e tutto il resto. Dopo l’incidente, il femore si era accorciato di quattro centimetri, otto ore di intervento e quattro litri di sangue persi. Eppure, la prima cosa che è arrivata dopo sono state le canzoni. Le cose le scopri davvero quando si rompono, quando ti mancano. Per me, il corpo era qualcosa a cui non avevo mai pensato: mi muovevo nella musica senza riflettere sui movimenti, come un animale, in modo primitivo. Poi, quando si è rotto, ho cercato un manuale d’istruzioni: il respiro, il controllo, tutto ciò che sembrava scontato. Non pensiamo mai che dipendiamo dall’aria, ma te ne accorgi quando qualcosa la minaccia. La libertà stessa diventa preziosa solo quando rischi di perderla”.


L’idea della copertina è nata come un gioco: “Il corpo umano non poteva avere la mia foto in copertina, sarebbe stato ridondante. Bisognava giocare, creare qualcosa di più leggero e divertente. In inglese si dice to play, e io ho pensato subito all’Allegro Chirurgo. Ho fatto un sondaggio: è un gioco che tutti conoscono. Così mi sono immaginato dentro quell’iconico tabellone, con le parti del corpo da sistemare. ’Mettigli i boxer del primo disco!’ mi ha suggerito mia figlia. Ed è proprio da lì che è nata la copertina: un’idea che mescola gioco, ricordi e ironia” ha raccontato Jovanotti.

Il disco contiene 15 brani che mescolano mondi sonori diversi, in un viaggio alla cui console di comando insieme a Jovanotti si alternano tre produttori: “Quando mi sono ripreso ho deciso di incontrare alcuni produttori della nuova scena musicale, trasformando il classico “giro delle sette chiese” in un personale “giro dei sette studi”. Tra questi, Dardust, Michele Canova e Federico Nardelli, ognuno con un mondo musicale unico in cui volevo immergermi. Dardust rappresenta l’universo elettronico-pianistico, un sound che spinge verso l’innovazione e l’eleganza. Michele Canova, oltre a essere un caro amico, è stato un compagno di viaggio in dischi molto importanti; erano dieci anni che non collaboravamo, ma durante la mia convalescenza è venuto a trovarmi in ospedale, un gesto che ha riacceso il nostro legame. Infine, Federico Nardelli porta con sé l’energia dell’indie rock, fresca e diretta. Tre mondi musicali diversi ma complementari, in cui mi sono sentito di casa, spingendo il mio sound verso nuove direzioni”.

Tra le canzoni anche un omaggio ad Adriano Celentano: “Il mio amore per Adriano Celentano è sconfinato, un sentimento che porto con me sin dall’infanzia. Per me, Adriano rappresenta un affetto profondo, quasi viscerale, e nel disco c’è un pezzo molto rap che gli rende omaggio. È una sorta di canzone-documentario in cui racconto un’esperienza reale vissuta soprattutto dalla parte est del mondo.Ero in viaggio e mi sono accorto di come il nome di Adriano risuoni come un mito, quasi un simbolo dell’Italia. “Italiano, Ferrari, Lamborghini, Celentano,” dicevano, insieme a nomi come Baggio e Totti. Una sera, mentre ero in bici, sono stato fermato da un gruppo di gangster, lo so per certo, anche se non conoscevo i loro nomi. Erano incuriositi dal fatto che fossi italiano e mi hanno invitato a cena. È stata una scena surreale: mi facevano bere vodka a ripetizione, ero praticamente in orbita. Nessuno di noi parlava la stessa lingua, ma abbiamo comunicato per due ore usando solo parole italiane come “Versace”, “Baggio”, “Italia” e “Lippi”. Un’esperienza unica, dove la cultura italiana ha fatto da ponte in un contesto completamente estraneo.

Infine, a chi gli chiedeva come faccia ad essere sempre ottimista, Jovanotti ha spiegato: “È una domanda che, nonostante ci abbia riflettuto molto, riesce sempre a spiazzarmi un po’. È interessante, perché oggi il pessimismo sembra avere molto più successo: la paura fa vincere le elezioni, il vittimismo vende libri, e le serie crime sono quelle che funzionano di più. So bene che il mondo è un luogo complicato, spesso difficile, e non nego che ci siano aspetti negativi. Ma questa non è tutta la verità. È solo una parte del quadro, quella che a volte ci permette di semplificare ciò che è complesso. Perché, accanto alla difficoltà, esistono anche la bellezza, la gentilezza e la cura. Esiste la possibilità di incontrarsi, di condividere. Sono realtà che non appartengono a un mondo immaginario, ma a quello vero, concreto, in cui viviamo ogni giorno.I profeti di sventura raccontano solo una parte della storia, così come fanno i motivatori con il loro entusiasmo forzato. Per me, l’ottimismo non è una fuga né un sinonimo di ingenuità. È uno sguardo sulla realtà nella sua complessità. E la realtà, per quanto difficile, è stupefacente: il bene esiste, e io credo fermamente che, alla fine, il bene trionferà”.

di Federico Arduini

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