“La dura legge del gol”, ai mondiali qatarioti e non solo
“La dura legge del gol”, ai mondiali qatarioti e non solo
“La dura legge del gol”, ai mondiali qatarioti e non solo
Le sorprese ai Mondiali in Qatar non sono mancate: il Brasile è uscito ai quarti, la Spagna addirittura agli ottavi, il Marocco è arrivato di gran carriera in semifinale. In generale, pare abbia trionfato la solidità sul bel gioco, il carattere sul tiqui-taca e sul calcio bailado, segno che poi la lezione italiana – nonostante l’assenza – non è ancora tramontata del tutto. Contano le difese granitiche, l’affidabilità dei portieri, i tatticismi più sfrenati, gambe e concretezza. Sono riemerse come un incubo la lotteria dei rigori, la cosiddetta “paura di vincere” (nemesi dei superbi, dea della speranza) e la labilità di certe reazioni emotive.
Una vecchia canzone degli 883, tratta da un album del 1997 (e scritta da Max Pezzali, Claudio Cecchetto, Marco Guarnerio e Pier Paolo Peroni), raccontava i segreti della “dura legge del gol”, mettendoli in stretto contatto metonimico con la difficoltà di far funzionare certe relazioni d’amicizia e sentimentali. «Chi le ha inventate le fotografie, / chi mi ha convinto a portar qui le mie? / Ché poi lo sappiamo, scattan le paranoie. / Le facce nella foto accanto a noi / entrate nelle nostre vite e poi / scappate di corsa / per non tornare mai. / Quanti in questi anni ci han deluso, / quanti col sorriso dopo l’uso ci hanno buttato…».
La “difesa” è quella capacità di essere impermeabili alla presenza dell’altro, di assumere il carisma e il tenebroso cipiglio di chi riesce a non lasciarsi mai coinvolgere nel profondo, dimostrando opportunismo e forza mentale per reagire sempre, con l’occulta abilità pervasiva dello spin doctor. Non adeguarsi a queste semplici “misure strategiche” – molta chiusura e spietata controffensiva al momento giusto – vuol dire correre il rischio di eventuali mancanze di guarnizione, a lungo andare decisive nel vincere o perdere il match (vedasi Brasile-Croazia).
Ecco allora che la “legge” deputata a regolare il rapporto con amici della prima ora e fidanzate poco fidenti agisce immancabilmente, immarcescibilmente, al pari delle più paradossali raccomandazioni di Murphy: «È la dura legge del gol: / fai un gran bel gioco però, / se non hai difesa gli altri segnano / e poi vincono. / Loro stanno chiusi ma / alla prima opportunità / salgon subito e la buttan dentro a noi». Le qualità umane in “apertura” (il coraggio, l’altruismo e la fantasia che in un’altra canzone sul calcio, “La leva calcistica della classe ’68” di Francesco De Gregori, erano presentate come garanzia per essere un bravo giocatore) sono belle da vedere, ottengono plausi entusiastici ma non portano risultato: al contrario il “corto muso”, il cinismo di effettuare una “prestazione” anche nel “teorema” dell’amore sembrano gli unici correttivi per alzare la coppa e raggiungere gloria imperitura. Ma è davvero così? «È la dura legge del gol: / gli altri segneranno però… / Che spettacolo quando giochiamo noi, / non molliamo mai. / Loro stanno chiusi ma cosa importa chi vincerà, / perché in fondo lo squadrone siamo noi».
di Alberto FraccacretaLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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