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La musica di oggi si fa in casa

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Con l’avvento dell’home recording, sono molti quelli che non sentono più l’esigenza di “chiudersi” in uno studio di registrazione

La musica di oggi si fa in casa

Con l’avvento dell’home recording, sono molti quelli che non sentono più l’esigenza di “chiudersi” in uno studio di registrazione

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La musica di oggi si fa in casa

Con l’avvento dell’home recording, sono molti quelli che non sentono più l’esigenza di “chiudersi” in uno studio di registrazione

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C’è stato un tempo in cui era impensabile parlare di musica senza immaginare immediatamente gli studi di registrazione, quel mondo magico dove l’istantanea di un momento diventava immortale, fissata prima su nastro, ora in un file. Alcuni di questi studi sono diventati parte integrante della storia della musica del Novecento, legati indissolubilmente alle epopee di band o artisti: si pensi ad Abbey Road e ai Beatles. Lo studio rappresentava una terra franca dove il musicista si rifugiava dal resto del mondo per potersi concentrare esclusivamente sulla propria arte, seguito passo passo da professionisti.

Ma da qualche tempo a questa parte le cose stanno cambiando e sempre più velocemente. Con l’avvento dell’home recording sono molti quelli che non sentono più l’esigenza di ‘chiudersi’ in uno studio, registrando quindi in contesti sempre più casalinghi, anche perché alfieri di generi che non richiedono chissà quale profondità musicale. E le band – neanche a dirlo – sono sempre meno. Ecco perché molti studi non se la passano tanto bene, per usare un eufemismo. A Los Angeles, racconta “Variety”, ne hanno chiusi a decine e chi è rimasto combatte tra crisi del mercato e costi di gestione crescenti. Se a questo si aggiungono l’impatto della pandemia e l’affacciarsi prepotente dell’AI e del suo approccio tuttofare, il quadro diventa ancora più fosco: a parte i grandi studi frequentati dalle superstar, come se la caveranno gli altri? Vedremo se sapranno reinventarsi.

Di Federico Arduini

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