L’hip hop compie 50 anni
L’hip hop compie 50 anni
L’hip hop compie 50 anni
11 agosto 1973, West Bronx, New York. Una ragazzina di nome Cindy Campbell vorrebbe racimolare un po’ di soldi per potersi comprare vestiti nuovi in vista dell’inizio dell’anno scolastico. Per riuscirci organizza una festa – al numero 1520 di Sedgwick Avenue – prendendo in affitto per 25 dollari il “salone ricreativo” del palazzo in cui vive. Al fratello maggiore Clive – che fa il disc jockey col nome d’arte DJ Kool Herc (“Kool” come la marca di sigarette e “Herc”, diminutivo di Hercules, per via del suo aspetto fisico) – chiede per l’occasione di mettere su qualche disco per far ballare i partecipanti (le donne pagheranno 25 centesimi d’ingresso, gli uomini 50). Nessuno può certo immaginare che quel party segnerà la storia della musica.
Nato a Kingston (Giamaica) e primo di sei figli, il 18enne Clive Campbell sta iniziando a farsi conoscere. I problemi però non mancano: per un immigrato, con un accento ‘strano’ e da far scomparire al più presto, non è certo semplice vivere nel Bronx. Ancora oggi il nome di questo quartiere viene utilizzato in senso dispregiativo, richiamando nell’immaginario comune l’idea di una zona cittadina disagiata, povera, pericolosa perché abitata da persone poco raccomandabili. Il fratello maggiore di Cindy suona nei cosiddetti “block party” (feste dell’isolato), che per i giovani costituiscono occasioni preziose di spensieratezza. Il suo primo soundsystem consiste in due giradischi, un doppio amplificatore con due canali per chitarra e altoparlanti PA. Ogni disco ha le cosiddette “breakdown parts” (i “break”), in cui rimane soltanto il suono della batteria accompagnato qualche volta dal basso. Proprio tali parti di stacco da una canzone all’altra – caratterizzate dalla presenza di percussioni isolate e da molti considerate vuote – risultano a DJ Kool Herc estremamente interessanti. Da qui l’intuizione geniale: isolare il “break” di un disco, ripeterlo, prolungarlo utilizzando una copia del medesimo ed estendere quella piccola parte in modo da creare «5 minuti di loop di furore». Nasce così il genere hip hop(“hip” significa conoscenza, “hop” salto).
Alla festa di Cindy, mentre ascoltano per la prima volta quel ritmo, le persone cominciano a ballare e inizialmente lo fanno in modo strano e quasi scoordinato. Herc lo chiama “Merry-Go-Round” (La giostra), un insieme di “break” ripetuti. Il resto è storia. Dall’hip hop si svilupperanno in seguito il rap, la break dance e tanto altro. Prende forma un movimento che non riguarda soltanto musica e divertimento: l’hip hop sarà cultura, protesta, occasione di rivincita e riscatto sociale che dà voce a chi, fino a quel momento, non veniva minimamente preso in considerazione. E quella voce andrà ben oltre lo spazio del ghetto.
Il rap così come lo conosciamo – la musica e le rime di Tupac, The Notorious B.I.G., Eminem, Jay Z e Nas (per citare alcuni fra i più famosi rapper) – non esisterebbe senza l’intuizione di DJ Kool Herc. E senza la festa di sua sorella Cindy.
di Filippo Messina
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