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Marinella

Marinella divenne immortale

Il capolavoro di De André, “La canzone di Marinella”, nacque da tragica una storia vera

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Marinella divenne immortale

Il capolavoro di De André, “La canzone di Marinella”, nacque da tragica una storia vera

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Marinella divenne immortale

Il capolavoro di De André, “La canzone di Marinella”, nacque da tragica una storia vera

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Il capolavoro di De André, “La canzone di Marinella”, nacque da tragica una storia vera

Nell’ottobre del 1968, durante una puntata di “Canzonissima”, Mina si esibisce in un brano del suo ultimo album pubblicato qualche mese prima: “La canzone di Marinella”. Il pezzo ha una storia molto particolare alle spalle. Innanzitutto quella di Mina non è la versione originale. Scritto e inciso da Fabrizio De André, il brano era già uscito sei anni prima passando quasi sotto silenzio. Tuttavia, dopo il successo della versione proposta da Mina, su quella ballata e sul suo autore si accendono i riflettori del grande pubblico, conquistato dalla vicenda narrata nel testo. Perché quella scritta da De André è in realtà la storia di un sogno. Un sogno finito male, affogato in un giorno di gennaio del 1953 nelle gelide acque di un fiume e reso eterno dalla penna del cantautore che, negli anni successivi, farà di quella canzone uno dei suoi classici.

Il luogo dove prende vita la vicenda di Marinella è la Milano degli anni Cinquanta del secolo scorso. Marinella, che nella realtà si chiama Maria Boccuzzi, è una ragazza di origine calabrese che ha raggiunto il capoluogo lombardo alla fine degli anni Venti. Come per molti immigrati, anche per lei quella metropoli pare portatrice della speranza di una vita migliore e di un futuro sereno. Trova lavoro a 15 anni, nella Regia Manifattura Tabacchi di via Moscova. Qui fa quello che – ai suoi occhi ingenui di ragazzina – le sembra l’incontro della vita con un giovane studente lavoratore di cui si innamora perdutamente. La famiglia non acconsente a quell’unione, i due scappano, ma dopo un anno finisce tutto e lei si ritrova sola e con l’onta del disonore.

Qui inizia la seconda parte della sua esistenza. Maria prova a entrare nel mondo dello spettacolo, un ambiente in cui a quei tempi il suo passato non è oggetto di critiche e giudizi. Col nome d’arte di Mary Pirimpo, prova a cominciare una nuova vita come ballerina. Anche stavolta però c’è un incontro destinato a cambiare le carte in tavola: quello con Jimmy, ballerino di fila per Wanda Osiris e animatore delle notti all’“Arethusa”, un night club molto in voga. Maria pensa che l’uomo possa aiutarla a coltivare le sue aspirazioni, ma Jimmy ha altre idee. La presenta a un suo amico, tale Carlone, che con le rutilanti luci del palcoscenico ha poco a che fare. Maria si ritrova così a essere una ‘ragazza di vita’. Una routine squallida e degradante, ben lontana da quelli che erano i suoi sogni di bambina, che continua fino alla mattina del 28 gennaio 1953, quando un operaio che si sta recando al lavoro nota un corpo sul greto del fiume Olona. È Maria, crivellata da sei colpi di pistola.

La notizia conquista le prime pagine dei giornali e sconvolge l’opinione pubblica. Un resoconto di quei fatti finisce anche sotto gli occhi di un 23enne Fabrizio De André che – colpito dalla vicenda – decide di metterla in musica. La primissima versione de “La canzone di Marinella” non è però quella che tutti conoscono. Il testo, volutamente intriso di particolari crudi e rimandi neppure troppo velati alla sessualità, non fu ritenuto adatto, costringendo il cantautore a revisionarlo. Consegnandoci così il capolavoro che è poi passato alla Storia. E facendo (almeno in parte) giustizia a Maria, il cui assassino non verrà mai trovato. 

Lei, «volata in cielo su una stella», alla fine non è mai morta veramente. Grazie soprattutto a quel ragazzo genovese che, con la sua poesia in musica, le ha regalato una forma di immortalità.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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