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Mike Bongiorno

Mike Bongiorno, fenomenologia di un fenomeno

Cade oggi il centenario dalla nascita di Mike Bongiorno che, in un mix di talento cristallino e professionalità unica, seppe fare la storia della tv italiana

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Mike Bongiorno, fenomenologia di un fenomeno

Cade oggi il centenario dalla nascita di Mike Bongiorno che, in un mix di talento cristallino e professionalità unica, seppe fare la storia della tv italiana

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Mike Bongiorno, fenomenologia di un fenomeno

Cade oggi il centenario dalla nascita di Mike Bongiorno che, in un mix di talento cristallino e professionalità unica, seppe fare la storia della tv italiana

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Cade oggi il centenario dalla nascita di Mike Bongiorno che, in un mix di talento cristallino e professionalità unica, seppe fare la storia della tv italiana

«Allegria» era il suo slogan, un invito a una pausa di leggerezza antidoto agli affanni della vita. E di affanni Mike Bongiorno ne aveva affrontati tanti con grinta e perseveranza in un’esistenza non tutta rose e fiori, divisa fra l’Italia e l’America. Segnata anche dalla sofferta partecipazione alla Resistenza e baciata dal successo conquistato grazie al talento della semplicità che lo impose sugli schermi della Rai, di cui fu uno dei primi alfieri.

Quel talento della semplicità fu però scambiato per mediocrità. Nel 1961 Umberto Eco, non ancora trentenne, scrisse infatti un articolo dalle drastiche conclusioni: «Mike Bongiorno convince dunque il pubblico con un esempio, vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi d’inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello». Il pezzo divenne un cult soprattutto quando – col titolo “Fenomenologia di Mike Bongiorno” – venne inserito in “Diario minimo” (pubblicato nel 1963 da Mondadori), una raccolta di note di semiologia e cultura varia condite da umorismo. Bongiorno, che nella “Fenomenologia” vide ridicolizzati e accentuati i suoi limiti, s’indispettì e ricordò che Eco, assunto dalla Rai nel 1954, era fra gli autori dei quiz tanto demonizzati.

In realtà la nota di Eco non era neanche originale. Prima di lui, in un articolo sull’“Avanti” dell’8 luglio 1959, lo scrittore Luciano Bianciardi aveva attribuito il suo «meritato» successo al «suo schietto, lampante grigiore». Per l’autore de “La vita agra” Mike possedeva un maggiore appeal rispetto agli altri presentatori in quanto riassumeva i «difetti» e «certe tare nazionali» che lo rendevano «il più mediocre, quindi il più bravo».

Oggi Bongiorno avrebbe compiuto cent’anni e a una televisione dai contenuti sempre più modesti manca tanto. È stata davvero la mediocrità a determinarne l’affermazione? Bianciardi ed Eco avevano ragione? Sicuramente no. Nel 2003 ha provveduto a riabilitarlo l’allora presidente dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini che ha elogiato la semplicità del suo linguaggio: «Per fare parlare l’italiano agli italiani ci voleva un semplificatore del linguaggio e Mike fu perfetto in questo». A confutare l’accusa di mancanza di umorismo mossagli da Eco è stato sufficiente Fiorello, che con lui ha girato divertenti spot televisivi.

Quale allora il motivo del suo successo? La professionalità e un’abilità unica nel conferire ufficialità ai suoi quiz generando tensione e competizione tra i concorrenti, di cui metteva a nudo e faceva risaltare, come nessun altro, il lato umano. A riprova di ciò, hanno conquistato una vasta e durevole popolarità campioni di “Lascia e raddoppia” come Gianluigi Marianini e tantissimi altri di “Rischiatutto”, a cominciare da Massimo Inardi e Giuliana Longari, mentre nessuno si ricorda dei concorrenti di quiz condotti da altri.

di Antonino Cangemi

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