Mila Trani il 21 settembre al Blue Note: “Scrivere ‘Menta Selvatica’ è stato catartico”
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Mila Trani sul suo nuovo disco “Menta Selvatica” e sul suo concerto del 21 settembre al Blue Note di Milano
Mila Trani il 21 settembre al Blue Note: “Scrivere ‘Menta Selvatica’ è stato catartico”
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Mila Trani sul suo nuovo disco “Menta Selvatica” e sul suo concerto del 21 settembre al Blue Note di Milano
Mila Trani il 21 settembre al Blue Note: “Scrivere ‘Menta Selvatica’ è stato catartico”
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Mila Trani sul suo nuovo disco “Menta Selvatica” e sul suo concerto del 21 settembre al Blue Note di Milano
Cantautrice, arrangiatrice, ricercatrice instancabile della voce e delle sue infinite sfumature: Mila Trani è un’artista che sfugge alle etichette. Milanese di origine ma di casa anche a Barcellona, ha costruito un percorso eclettico che intreccia jazz, world music, sperimentazione vocale, arti visive e direzione corale. Dopo anni di progetti, collaborazioni e sperimentazioni, presenta ora il suo nuovo album “Menta Selvatica” (Segell Microscopi), un concept che attraversa miti, rituali e femminilità in cammino, tra sonorità mediterranee, ritmi caraibici, flamenco, fado e richiami al folklore italiano.
Il disco sarà protagonista il 21 settembre sul palco del Blue Note di Milano, in un concerto che segna il ritorno dell’artista nella sua città e l’occasione per vivere dal vivo un lavoro che unisce radici e visioni, tradizione e ricerca, catarsi personale e rituale collettivo. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Mila per conoscere meglio l’origine di questo progetto e l’emozione che vive in attesa del palco del Blue Note.
Quando hai iniziato a lavorare a questo progetto?
Poco prima della pandemia. Ho iniziato a scrivere i brani allora e poi, durante quel periodo, li ho conclusi. Successivamente ho conosciuto il chitarrista Bartolomeo Barenghi, che mi ha aiutata anche negli arrangiamenti di archi presenti nel disco.

Il titolo “Menta selvatica” ha un significato particolare?
Sì, viene dal brano omonimo, che per me rappresenta un rito scaramantico, una sorta di catarsi. Mi sono ispirata al rito del tarantismo: le persone morse dalla taranta – spesso donne, ma non solo – venivano curate attraverso danze e musiche frenetiche per arrivare alla guarigione. Ernesto De Martino, antropologo e storico delle religioni, ha documentato questa pratica negli anni Cinquanta. Durante quei rituali si usava la menta, insieme ad altre piante, perché il suo profumo aveva un potere calmante. Mi piaceva l’idea di una pianta irriverente e audace, capace però di portare sollievo. Per me scrivere questo disco è stato catartico proprio come quel rito.
È un vero concept album, cosa rara oggi. Quando ti sei resa conto che stavi costruendo un filo rosso?
In realtà l’ho capito strada facendo. Mettendo insieme i brani mi sono accorta che stavo raccontando il percorso di una donna in evoluzione. Ci sono il dolore, la perdita, il rapporto con l’altro e il modo in cui queste esperienze ci aiutano a conoscerci meglio. C’è anche l’aspetto dell’identità e della sessualità, ad esempio in Avorio si parla di un amore omosessuale. Poi la malinconia, che può diventare un’alleata, un ponte tra presente e ricordo. Fino ad arrivare a “Essenza“, che rappresenta lo spogliarsi dalle sovrastrutture, anche attraverso un percorso terapeutico. Insomma, mi sono accorta che c’era un discorso sul femminile in cammino, ma credo che chiunque possa rispecchiarsi.
Musicalmente è un disco molto ricco e variegato. Quali sono state le tue influenze?
Ho messo dentro tutto quello che ho appreso negli anni, cercando un linguaggio mio. Amo la musica brasiliana, ho ascoltato molto Maria João in Portogallo e altre artiste che hanno mescolato jazz e world music. In Italia apprezzo Vinicio Capossela, John De Leo e gli Avion Travel. Ho sempre cercato artisti che non avessero paura di osare.
Infatti, hai scelto in questo disco di reinterpretare “Sentimento” degli Avion Travel. Perché proprio quel brano?
È un pezzo che ho sempre amato. Mi piace l’idea della barca che naviga alla ricerca di nuove melodie: un’immagine perfetta del mio percorso musicale. E poi gli Avion Travel hanno osato, hanno vinto un Sanremo con una musica libera da limiti, cosa impensabile oggi. Mi sento affine a loro come attitudine, anche se il risultato è diverso.
So che oltre alla musica hai coltivato anche altre arti, come la pittura e la fotografia. Quanto hanno influito sulla tua scrittura?
Moltissimo. La fotografia, in particolare, mi ha insegnato a scrivere per immagini. Nei miei testi l’immagine è sempre molto presente. Mi piace curare anche l’aspetto visivo: le copertine, la scenografia, la coreografia. Se potessi, nei concerti lavorerei molto di più su questi aspetti, perché credo che l’immagine completi la musica.
A proposito di concerti: tornerai a Milano per questo live importante al Blue Note il 21 settembre. Come la stai vivendo?
Con tanta emozione. Mi sono formata ascoltando musica proprio in quel posto, quindi è una sfida e insieme una festa. Lo vedo come un momento per ritrovare tante persone care e per condividere la mia musica con chi magari non mi conosce ancora.
E in generale, che rapporto hai con il palco?
Per me il palco è libertà assoluta. Vivo il concerto come un rituale collettivo, dove si mettono in circolo energie che trascendono la realtà. Cantando in Italia o all’estero, cerco sempre la relazione con il pubblico, anche attraverso il corpo, soprattutto quando canto in italiano a chi non capisce le parole. Dirigo due cori e amo far cantare le persone con me: è un modo per trasformare il concerto in un’esperienza condivisa.
di Federico Arduini
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- Tag: musica
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