MrBeast e il lato oscuro degli idoli digitali
MrBeast (Jimmy Donaldson) è uno youtuber 26enne diventato famoso grazie a video spettacolari in cui dona denaro a persone che ne hanno più o meno bisogno. Ma un libro di Serena Mazzini mette a nudo le star del web

MrBeast e il lato oscuro degli idoli digitali
MrBeast (Jimmy Donaldson) è uno youtuber 26enne diventato famoso grazie a video spettacolari in cui dona denaro a persone che ne hanno più o meno bisogno. Ma un libro di Serena Mazzini mette a nudo le star del web
MrBeast e il lato oscuro degli idoli digitali
MrBeast (Jimmy Donaldson) è uno youtuber 26enne diventato famoso grazie a video spettacolari in cui dona denaro a persone che ne hanno più o meno bisogno. Ma un libro di Serena Mazzini mette a nudo le star del web
Come tanti suoi coetanei, mio figlio di otto anni è un grande fan di MrBeast (al secolo Jimmy Donaldson). Lo youtuber 26enne diventato ricco e famoso grazie a video spettacolari in cui dona denaro a persone che ne hanno più o meno bisogno. A farglielo scoprire recentemente è stato il fratello adolescente e io non mi sono allarmata più di tanto. Osservando distrattamente, questo MrBeast mi sembrava un ragazzo simpatico che faceva beneficenza a persone meno fortunate: tutto sommato un bel messaggio.
In effetti la maggior parte delle volte in cui scorriamo i contenuti sui vari social network, compreso quando a farlo sono i nostri figli, non ci soffermiamo più di tanto sulla loro reale natura. E sui meccanismi che nascondono. Ci limitiamo a valutarli sulla base della presenza o meno di temi sensibili, parolacce, immagini esplicite. Questo atteggiamento poco riflessivo è stimolato dalla natura stessa del mezzo. Che ci propone storie molto brevi, colorate e semplici, che scorrono rapidamente lasciando spazio ad altre storie. Finiamo così per essere recettori passivi di messaggi apparentemente innocui, ma che a ben vedere non lo sono affatto.
Nel suo libro “Il lato oscuro dei social network” (Rizzoli), la sociologa Serena Mazzini toglie uno a uno gli strati con i quali i creator rivestono (più o meno consapevolmente) i loro prodotti mediatici. Lasciandoli impietosamente nudi e senza alcun filtro-bellezza. Il valore aggiunto di Mazzini è che ha lavorato e lavora da anni come social media strategist. E questo le ha permesso di capire le logiche dall’interno. Senza giudizi sommari e con molta autocritica per poter passare da ‘parte del problema’ a ‘parte della soluzione’.
Scorrendo le pagine scopriamo così la natura economica dello sharenting (cioè la condivisione di immagini e video di minori da parte dei genitori). L’uso spregiudicato della sofferenza (anche quella più drammatica, come la perdita di un figlio) come fonte di profitto. Il fenomeno delle influencer dei disturbi alimentari che diventano imprenditrici. Grazie alla loro malattia e quel capitalizzare sulla pietà di cui MrBeast è il re indiscusso.
Leggere questo saggio impone una riflessione scomoda. Non soltanto sul tempo trascorso online e su quanto questo sequestri risorse a quello passato nella vita reale. Ma soprattutto su come quel tempo ci plasmi l’umore, il modo di percepire la realtà e il portafogli. Molto più di quanto non ci rendiamo conto. Con precisione chirurgica Mazzini racconta i percorsi – dalla cameretta o dal reparto ospedaliero alle agenzie di talent – di tanti personaggi divenuti celebri grazie ai social network, ricomponendo e integrando quel racconto volutamente frammentato e ripulito che ci facciamo andare bene per pigrizia, fascinazione, abitudine. Al tempo stesso colloca ogni fenomeno nel suo contesto storico, sociologico e antropologico, permettendoci di capire perché è nato e ha avuto successo.
Quello che più dovrebbe impressionare di questa narrazione, che riesce a essere appassionante come un romanzo, non sono tanto le singole storie ma i pattern individuati dall’autrice, che più di tutto smontano la teoria della spontaneità delle star del web. Ci si sente beffati, spaventati e anche un po’ stupidi nel proseguire la lettura, perché la consapevolezza di non essere davvero soggetti che scelgono ma oggetti manovrati dall’algoritmo non migliora certo l’autostima. La cosa positiva è che Mazzini ci mostra il labirinto in cui siamo immersi, ma ci offre anche una via d’uscita. Il punto è se davvero la vogliamo trovare.
di Maruska Albertazzi
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