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“Paradise”, prigionieri della salvezza

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Descrivere una serie tv come “Paradise” senza rovinare la sorpresa agli spettatori è molto difficile. La storia inizia con la scoperta dell’assassinio nella sua casa di un giovane ex presidente americano, o almeno così sembra.

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“Paradise”, prigionieri della salvezza

Descrivere una serie tv come “Paradise” senza rovinare la sorpresa agli spettatori è molto difficile. La storia inizia con la scoperta dell’assassinio nella sua casa di un giovane ex presidente americano, o almeno così sembra.

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“Paradise”, prigionieri della salvezza

Descrivere una serie tv come “Paradise” senza rovinare la sorpresa agli spettatori è molto difficile. La storia inizia con la scoperta dell’assassinio nella sua casa di un giovane ex presidente americano, o almeno così sembra.

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Descrivere una serie tv come “Paradise” senza rovinare la sorpresa agli spettatori è molto difficile. Creata da Dan Fogelman, già sceneggiatore di “This is Us” e del remake italiano “Noi”, questa serie è ambientata in quello che appare il classico idillio di una ricca cittadina della migliore provincia americana. Piena di professionisti e lavoratori benestanti, case con giardini curati, strade pulite e sicure in cui la vita scorre pacificamente.

La storia inizia con la scoperta dell’assassinio nella sua casa di un giovane ex presidente degli Stati Uniti. O almeno così sembra. Il protagonista è Xavier Collins (impersonato da Sterling K. Brown), agente del Secret Service a capo della sicurezza di Cal Bradford (un fantastico James Marsden). Che, per mezzo di alcuni flashback scopriamo avere un rapporto personale ma conflittuale con Sterling, costruito negli anni della sua presidenza. Già qui qualcosa non torna. Non è chiaro infatti se prima di morire Cal era in carica per un secondo mandato, né se siamo nei pressi di Washington o altrove.

Il primo episodio scorre così, tra Sterling che aspetta mezz’ora per rivelare alle autorità la morte del (ex?) presidente mentre prepara la sua indagine autonoma e i flashback che raccontano il suo background e quello di Cal. Fumatore e bevitore incallito (con stile ed eleganza) perché su di lui pesano enormi responsabilità (dalla sua camera è sparito un tablet pieno di segreti). Ma a un certo punto c’è un plot twist sconvolgente che contestualizza tutte le piccole incongruenze disseminate nella puntata. Dando una fortissima impronta narrativa al resto della serie.

Il lettore che a questo punto si sente rapito dalla trama può (deve) fermarsi qui. Gli basti sapere che “Paradise” è un prodotto molto consigliato e che su Disney+ sono già disponibili sei degli otto episodi. La narrazione alterna costantemente passato e presente. All’inizio in modo disorientante ma sempre comprensibile. Presentando i personaggi e gli eventi che hanno plasmato il loro carattere, approfondendone la psicologia come accadeva in “Lost”.

Chi invece vuole proseguire nella lettura (ultima chiamata), sappia che sta per rovinarsi l’effetto sorpresa della prima puntata. La rivelazione finale che ribalta completamente le carte in tavola di una serie che fino a quel momento sembrava un thriller politico e spionistico. “Paradise” in realtà è uno sci-fi. La storia non si svolge nella ridente provincia americana o nei sobborghi di Washington, ma all’interno di una montagna. In cui si trova una città autosufficiente da 25mila abitanti. E dove una minuscola parte della popolazione si è rifugiata da una catastrofe globale, un paradiso della salvezza per i sopravvissuti alla fine del mondo. Cosa e come è successo viene rivelato con il contagocce negli episodi successivi.

Cal era quindi l’ultimo presidente degli Stati Uniti. Il leader politico di una comunità creata da Samantha Redmond (Julianne Nicholson), una super miliardaria dell’high-tech dal passato doloroso. Che ha studiato questo piano per dare un futuro a sé stessa e alla figlia. Una leader che in nome della sicurezza e dell’ordine sociale della città è disposta a fare cose terribili, a differenza di Cal. “Paradise” è lo sci-fi più vicino a “Lost” da molto tempo a questa parte. Un prodotto ben riuscito nella messa in scena e nella scrittura, che in futuro potrebbe avere il difetto il trovarsi a raccontare una storia che non risponde in modo soddisfacente a tutti gli interrogativi che propone. Ma per adesso è una serie tutta da scoprire.

Di Federico Bosco

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