Perchè tutti parlano della nuova serie Netflix Squid Game
La nuova serie Netflix che pare destinata a diventare la più seguita di sempre, superando Breaking Bad, colpisce il pubblico per la ferocia con cui riesce a fotografare una società ipocrita e piena di disuguaglianze.

Perchè tutti parlano della nuova serie Netflix Squid Game
La nuova serie Netflix che pare destinata a diventare la più seguita di sempre, superando Breaking Bad, colpisce il pubblico per la ferocia con cui riesce a fotografare una società ipocrita e piena di disuguaglianze.
Perchè tutti parlano della nuova serie Netflix Squid Game
La nuova serie Netflix che pare destinata a diventare la più seguita di sempre, superando Breaking Bad, colpisce il pubblico per la ferocia con cui riesce a fotografare una società ipocrita e piena di disuguaglianze.
Se pensassimo a una serie tv rilassante da guardare la sera dopo una lunga giornata di lavoro sicuramente non ci avvicineremmo a Squid Game, il fenomeno sud coreano di successo che monopolizza le conversazioni degli ultimi giorni. Un successo inaspettato e tanto repentino da non essere stato ancora doppiato in italiano e disponibile, quindi, solo nella visione con i sottotitoli.
Un successo, tuttavia, totalmente meritato per la serie Netflix che mixa sapientemente i generi passando dall’action-thriller, all’horror (con un tocco di splatter) fino al dramma, impacchettando il tutto con colori pastello e scenografie bambinesche.
L’aspetto interessante consiste proprio in questo, nella fotografia, che mette lo spettatore di fronte a una contraddizione continua tra toni K-pop e il rosso del sangue costantemente al centro della vicenda.
Hwang Dong-hyuk scrive e dirige i nove episodi partendo da un soggetto incredibilmente semplice. Un gruppo di persone in difficoltà economiche partecipa a una serie di giochi per bambini per ottenere un premio in denaro decisamente cospicuo (45600000000 ₩ l’equivalente di oltre 33 milioni di euro), peccato che ogni eliminazione costituisca la morte per ogni concorrente.
Un’arma a doppio taglio per un prodotto Netflix che avrebbe potuto essere ridotto a un collage trash di stereotipi ma che nelle mani di Hwang Dong-hyuk diventa un capolavoro visivo nonché una, neanche troppo velata, critica alla società e un’analisi profonda delle debolezze dell’essere umano.
Viene da domandarsi quale sia il motivo di tanto successo, assodato che la serie sia un prodotto di altissimo livello cosa che, si sa, non è mai stata un metodo di valutazione concreto.
Squid game parla alla nostra parte più profonda. Tramite la presentazione accurata di differenti personaggi viene spontaneo cercare un’identificazione, scegliere da che parte stare, buoni o cattivi, fino a comprendere che le due categorie non sono poi così distinte di fronte alla morte e alla possibilità di estinguere tutti i propri debiti e vivere una vita nell’agio totale.
La contrapposizione tra l’ingenuità tipica dei bambini, la spontaneità del gioco e l’avarizia, la violenza, sottolinea l’ipocrisia dei nostri tempi dove più si tocca il fondo più ci si libera delle sovrastrutture imposte.
I protagonisti abbandonano l’innocenza e mantengono solamente gli aspetti più veri e oscuri della loro personalità.
Viene da ripensare a un famoso romanzo di William Golding: “Il Signore delle mosche” che narra le vicende di un gruppo di ragazzini dispersi su un’isola deserta senza la guida degli adulti. Già nel 1954 Golding affronta il tema dell’istinto alla sopraffazione dell’altro, che prevale sulla ragione e della necessità di aggrapparsi a quella parte infantile di noi che ci permette di allontanarci dai valori e agire con egoismo.
Perché il bambino desidera prevalere un po’ come l’adulto che forse non matura mai. Senza tener conto che i giochi, a un certo punto, da grandi, si fan sempre più pericolosi.
di Elena Bellanova
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