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Phil Collins

Phil Collins esce di scena

Dopo una carriera che definire incredibile sarebbe riduttivo, Phil Collins esce di scena. Una strada lunga la sua, da una batteria giocattolo al successo planetario. La musica che conosciamo, senza di lui, non sarebbe stata la stessa.

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Phil Collins esce di scena

Dopo una carriera che definire incredibile sarebbe riduttivo, Phil Collins esce di scena. Una strada lunga la sua, da una batteria giocattolo al successo planetario. La musica che conosciamo, senza di lui, non sarebbe stata la stessa.

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Phil Collins esce di scena

Dopo una carriera che definire incredibile sarebbe riduttivo, Phil Collins esce di scena. Una strada lunga la sua, da una batteria giocattolo al successo planetario. La musica che conosciamo, senza di lui, non sarebbe stata la stessa.

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Dopo una carriera che definire incredibile sarebbe riduttivo, Phil Collins esce di scena. Una strada lunga la sua, da una batteria giocattolo al successo planetario. La musica che conosciamo, senza di lui, non sarebbe stata la stessa.

Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine, lo sappiamo bene. È che alcune cose, alcune persone, si vorrebbe fossero immuni al passare del tempo. E pur essendo preparati alla conclusione inevitabile che ogni cosa dall’origine porta con sé, quando arriva il momento si è sempre frastornati. Sabato scorso alla 02 Arena di Londra Phil Collins è salito sul palco per l’ultima volta, dopo oltre cinquant’anni di una carriera che definire incredibile sarebbe riduttivo. Ci ha provato fino all’ultimo, fino allo stremo delle forze, a restarci su quel palco, anche se forzatamente lontano dalla sua amata batteria, incontrata per la prima volta in un sobborgo di Londra nel lontano 1951.

Una batteria giocattolo regalo degli zii che è come un fulmine a ciel sereno. Le basi e la tecnica le apprende ascoltando come un novello Benny Goodman radio e tv, emulando quegli idoli con cui solo qualche anno dopo avrebbe condiviso la cima delle classifiche mondiali. Non poteva ovviamente immaginarlo quando, solo tredicenne, partecipava come comparsa tra il pubblico del film “A Hard Days Night” dei Beatles né quando nel 1970 si presentò a un’audizione simile a molte altre prima sostenute. Sulla porta un nome che sarebbe rimasto a vita legato al suo: Genesis. E pensare che prima di quel giorno non aveva mai ascoltato mezzo brano della band. Fu un tuffo in piscina nel patio della villa di famiglia di Peter Gabriel, durante le audizioni degli altri candidati, a permettergli di memorizzare in tempo i brani da eseguire.

Poi gli anni assieme, quelli del progressive rock e del successo planetario, fino all’addio di Gabriel e alla conquista della leadership della band. In molti non gli hanno mai perdonato il cambio di rotta apportato al sound del gruppo in direzione di un rock più vicino a quel linguaggio pop che stava dominando gli anni Ottanta. Critiche da fan accaniti che trovano il tempo che trovano.

Non bastasse quanto fatto con i Genesis, Collins da solista ha scritto alcuni dei brani più belli del secolo scorso, dominando le classifiche di vendite e gradimento. Impossibile pensare a un mondo senza l’incedere della batteria, nell’atmosfera sospesa, di “In the air tonight” o la potenza evocativa di brani come “Against all odds” o “Another day in paradise”. Poi le canzoni per la Disney, le colonne sonore e centinaia di concerti in giro per il mondo. Talmente di successo da finire per essere mal visto, sovraesposto, criticato. Ma nonostante tutto – pur fra periodi burrascosi, depressione per i matrimoni naufragati e la dipendenza dall’alcol – Phil ha saputo sempre risollevarsi e affrontare con forza quanto la vita gli ha offerto, fino alla malattia a cui ha provato fino all’ultimo a non arrendersi. «Non sono ancora morto»: l’ironico titolo della sua autobiografia uscita qualche mese fa suona oggi come un avviso a chi pensa che con l’addio ai live Phil abbia detto addio alla musica. Per uno così sarebbe semplicemente impossibile.

di Federico Arduini

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