“Ritorno al futuro” torna al cinema
Il 18 giugno di 40 anni fa usciva nelle sale italiane il primo epico capitolo di “Ritorno al futuro”. Il cult di Robert Zemeckis torna al cinema ma solo per un giorno

“Ritorno al futuro” torna al cinema
Il 18 giugno di 40 anni fa usciva nelle sale italiane il primo epico capitolo di “Ritorno al futuro”. Il cult di Robert Zemeckis torna al cinema ma solo per un giorno
“Ritorno al futuro” torna al cinema
Il 18 giugno di 40 anni fa usciva nelle sale italiane il primo epico capitolo di “Ritorno al futuro”. Il cult di Robert Zemeckis torna al cinema ma solo per un giorno
Flusso canalizzatore acceso e l’auto scompare in un attimo, lasciando dietro di sé soltanto l’impronta degli pneumatici sull’asfalto in fiamme. Esattamente il 18 giugno di quarant’anni fa usciva nelle sale italiane il primo epico capitolo di “Ritorno al futuro”. Un film che parla del tempo e che è riuscito a sfidarlo e a viaggiare davvero attraverso le generazioni. E ora, a conclusione di un loop perfetto, il prossimo 21 ottobre (data in cui i protagonisti Marty e Doc arrivano nel futuro nel secondo atto della saga) il cult di Robert Zemeckis torna al cinema per un giorno.
Il “Ritorno al futuro day” è ormai una festa globale, un rito collettivo che ci riporta indietro a quella ‘musica’ per cui tutti erano pronti. Il film celebre per i suoi viaggi nel tempo non è soltanto una storia di salti temporali. È una sinfonia di sogni, nostalgia e invenzione, un ponte tra passato e futuro dove il motore dell’auto DeLorean diventa il battito collettivo di milioni di spettatori.
La trama è un delicato meccanismo a orologeria: Michael J. Fox è Marty McFly, un adolescente inquieto che si ritrova nel 1955 grazie all’amico scienziato Doc Brown (il perfetto Christopher Lloyd). Per ritornare a casa (e al tempo che gli appartiene) deve però sistemare il passato della propria famiglia, scoprendo sé stesso e affrontando il rischio di scomparire. Al centro, il desiderio di cambiare il destino senza perdere la propria identità.
L’idea nasce quando lo sceneggiatore Bob Gale trova l’annuario del padre dei tempi della scuola e si chiede: «Sarei stato suo amico al liceo?». Insieme al regista ci lavora su, ma il progetto viene rifiutato per anni dai principali studios. Quando finalmente uscirà, registrerà incassi record.
Robert Zemeckis dirige ogni scena come un ingranaggio sincronizzato di battute, inquadrature e dettagli. Già dall’incipit, la carrellata di orologi nella casa di Doc evoca “La macchina del tempo” (romanzo di H. G. Wells uscito proprio nel 1985) e cita direttamente “Safety Last!”, pellicola del 1923 di Harold Lloyd: l’uomo appeso alla lancetta dell’orologio anticipa ironicamente il nucleo dell’opera.
“Ritorno al futuro” è sì figlio del suo tempo, ma guarda oltre. La DeLorean ha il fascino senza tempo di un oggetto alieno – il modello Dmc-12 con le sue portiere ad ali di gabbiano è l’emblema del mito tecnologico degli anni Ottanta – ma da quel momento non sarà più soltanto un veicolo. Tra design rétro e fantascienza immaginaria, ricordo e sogno, è un’icona popolare citata e reinventata. Nei “Simpson”, in “Rick and Morty”, fino alla Serie A. Spalletti regala a Totti una riproduzione dell’auto in quel vortice di (poco) amore e (tanto) odio di fine carriera del capitano romanista: commovente regalo o sottile ironia per chi non accetta lo scorrere del tempo?
Le estetiche degli anni Cinquanta e Ottanta, epoche di ottimismo e contraddizioni, sono elegantemente messe in scena. Da un lato il diner, i capelli impomatati, il rock’n’roll che esplode per la prima volta con Chuck Berry («Penso che ancora non siate pronti per questa musica, ma ai vostri figli piacerà»); dall’altro skateboard, amplificatori e cultura pop. Marty con la chitarra e un amplificatore enorme, con il suo skateboard tra Burger King e graffiti: è l’America urbana post industriale, dove nostalgia e disillusione convivono tra minacce terroristiche, plutonio e paure nucleari della Guerra fredda.
Marty non è un eroe, ma un ragazzo che scopre la fragilità dei genitori e la forza nascosta nei loro sogni giovanili. Doc Brown, con i suoi capelli elettrici, è l’incarnazione della curiosità e della meraviglia scientifica. L’incontro tra questi due mondi genera scintille, risate e dolci riflessioni. La saga non profetizza ma sogna. E quel sogno ha plasmato immaginari, mode (su tutte, le “Nike Mag” indossate da Marty nel secondo capitolo della saga) e linguaggi. La forza poetica del film è proprio qui: non nella scienza del tempo, ma nella sua emozione. Nella possibilità di guardare i propri genitori da giovani e scoprire che anche loro avevano paura. Nella consapevolezza che ogni scelta può cambiare tutto. Un ragazzo, una macchina e uno scienziato hanno insegnato a tutti che il domani non è mai scritto.
di Edoardo Iacolucci
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