Sanremo risorge dalle ceneri
Che tu abbia venti, quaranta o sessant’anni stasera vedrai il Festival di Sanremo, non sai perché ma sai che ti piace e va bene così
Sanremo risorge dalle ceneri
Che tu abbia venti, quaranta o sessant’anni stasera vedrai il Festival di Sanremo, non sai perché ma sai che ti piace e va bene così
Sanremo risorge dalle ceneri
Che tu abbia venti, quaranta o sessant’anni stasera vedrai il Festival di Sanremo, non sai perché ma sai che ti piace e va bene così
Che tu abbia venti, quaranta o sessant’anni stasera vedrai il Festival di Sanremo, non sai perché ma sai che ti piace e va bene così
“La settimana di Sanremo”, ormai la conosciamo così. C’è chi addirittura sui social avanza la proposta di un congedo settimanale sanremese considerati gli orari da after adolescenziali che, nostro malgrado, siamo costretti a fare pur di arrivare all’ultimo minuto delle kermesse pop-musicale più famosa d’Italia.
C’è chi non aspetta altro e ammazza il tempo partecipando attivamente al FantaSanremo che ormai conosce anche la zia, quella baffuta e poco avvezza ai trend e rimasta alla “telefonata” per votare l’artista preferito. Anche lei, giuro, ha speso i suoi baudi.
C’è poi il bastian contrario, quello che dice che non si piegherà a questa tortura, che la tv “manco ce l’ho più” ma che poi verrà inevitabilmente risucchiato nel vortice del chiacchiericcio post puntata, il giorno dopo al bar o alla macchinetta del caffè in ufficio. Dovrà rispondere, dovrà criticare su basi fondate e, dunque, finirà per vederlo per non restare indietro. Un’ansia sociale non da poco attanaglia un po’ tutte le fazioni e questo significa soltanto una cosa: che Sanremo è riuscito a risorgere dalle sue ceneri.
Già, perché stando ai fatti, fino a qualche anno fa Sanremo resisteva come un contenitore di cliché destinato ad un pubblico annoiato e poco pretenzioso. Accontentabile. Un paio di conduttori validi, qualche battuta strappa sorrisi, delle canzoncine da canticchiare il giorno dopo. Fine. Di certo Amadeus ha fatto tanto nelle ultime quattro edizioni come conduttore e direttore artistico, sfruttando il potenziale di un Festival in diretta nazionale trasformandolo da vecchio ferro arrugginito ad ingranaggio perfettamente al passo coi tempi. Ma noi abbiamo fatto il resto.
Per gli addetti ai lavori il cambio di rotta si ebbe nel 2019, con la vittoria di “Soldi” di Mahmood: una ventata d’aria fresca che trascinò orde di giovani per la prima volta su Rai1. La new generation musicale si sentì così ascoltata e accolta uscendo persino da vincente e i nuovi canali di fruizione come lo streaming, che proprio in quel momento stavano diventando i protagonisti assoluti, seguirono la buona onda. Le case discografiche fiutarono l’occasione e Sanremo non divenne più un palco da onorare mestamente ma da cavalcare e bramare.
Ma torniamo a noi comuni mortali che di queste cose siamo protagonisti passivi. Il Festival di Sanremo, diciamocelo, ci rende tutti un po’ vecchi (o se vogliamo vintage). Nulla, togliendo i grandi appuntamenti calcistici, ci rende incollati alla televisione come Sanremo. Si genera quel rito antico del divano, pop corn, seratina plaid: la magia scatta nel sapere che non siamo soli ma che anzi il commento, il nostro parere ignorante sulla totalità delle cose che vediamo, conta.
Come dimenticare l’edizione 2020, idealmente rappresentata dalla bagarre Morgan e Bugo, che rimase per mesi nel nostro immaginario l’ultimo momento di vita vera e normale pre-pandemia.
Nessun giovane si sognerebbe mai di restare a casa o di invitare amici per vedere qualcosa che non sia Sanremo. Non perché la musica sia un mezzo espressivo meraviglioso, non perché il gossip che trascende nel trash piace e piacerà ma perché ci sentiamo parte di qualcosa. In un mondo in cui si può avere tutto quando si vuole senza avere il tempo di capire di cosa si ha voglia, Sanremo ci riconcilia con gli altri, ci fa sentire importanti, rende libere idee e opinioni anche se banali. Quel palco ci riconcilia col tempo che fu, col tempo sonnecchiante e bonariamente ignorante di un tempo.
Che tu abbia venti, quaranta o sessant’anni stasera vedrai nello stesso schermo led Al Bano, Gianni Morandi e I Cugini di Campagna ma anche LDA, Lazza, Colla Zio: non sai bene chi sono, non sai perché lo stai facendo. Sai che ti piace molto e va benissimo così.
Di Raffaela Mercurio
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