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Trent'anni di Forrest Gump

Trent’anni correndo

Il 6 luglio 1994 usciva “Forrest Gump”, il capolavoro del regista Zemeckis. Non un film qualsiasi, ma un’opera che ha ridefinito la cultura pop

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Trent’anni correndo

Il 6 luglio 1994 usciva “Forrest Gump”, il capolavoro del regista Zemeckis. Non un film qualsiasi, ma un’opera che ha ridefinito la cultura pop

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Trent’anni correndo

Il 6 luglio 1994 usciva “Forrest Gump”, il capolavoro del regista Zemeckis. Non un film qualsiasi, ma un’opera che ha ridefinito la cultura pop

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Il 6 luglio 1994 usciva “Forrest Gump”, il capolavoro del regista Zemeckis. Non un film qualsiasi, ma un’opera che ha ridefinito la cultura pop

La vita è uguale a una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita. Questa frase – che un uomo rivolge a una sconosciuta mentre sono seduti su una panchina a una fermata dell’autobus di Savannah, Georgia – può benissimo essere scritta senza virgolette. Perché nel momento stesso in cui è stata pronunciata, è entrata dentro le vite di ciascuno di noi. Il 6 luglio di trent’anni fa usciva per la prima volta in sala “Forrest Gump”, il capolavoro del regista Robert Zemeckis. Non un film qualsiasi, ma un’opera che ha ridefinito la cultura pop.

Riadattamento dell’omonimo romanzo di Winston Groom del 1986, il film – a cui lo sceneggiatore Eric Roth lavorò per un anno intero – ha avuto una vita ancora più complicata di quella del protagonista interpretato da Tom Hanks. La produttrice Wendy Finerman impiegò ben nove anni per convincere Hollywood a realizzarlo. Ma quando finalmente venne inviata la sceneggiatura ad Hanks, lui accettò subito. A quel punto la Paramount non poté far altro che dir di sì a questa impresa da oltre 40 milioni di dollari di budget, tantissimo per l’epoca. Eppure il personaggio di Forrest Gump non è stato minimamente sfiorato da questo lungo iter burocratico e produttivo. Al contrario, la sua esistenza si libra nell’aria leggera come una piuma. Da bambino conosce Elvis. Poi viene preso all’Università dell’Alabama grazie a una borsa di studio sportiva, perché è velocissimo nel football. Da lì arriva alla Casa Bianca (dove conosce i presidenti Kennedy, Johnson e Nixon). Viene poi reclutato e spedito in Vietnam insieme a Bubba e al tenente Dan (interpretati da Mykelti Williamson e Gary Sinise). Ferito, tornerà a casa e verrà premiato con la medaglia al valore. Partecipa alla manifestazione pacifista dell’ottobre 1967 al Lincoln Memorial. E avanti così. Tutti questi eventi storici, scollegati e raccontati in flashback su quella panchina di Savannah, sono tenuti insieme da un unico fil rouge: l’amore di Forrest per Jenny (l’attrice Robin Wright). La sua migliore amica da sempre, la prima persona che l’ha accettato e gli è stata vicino. È per lei che Forrest corre. Mentre lui rimane sempre uguale, lei cambia in base ai decenni che scorrono tra i ricordi. Qui Forrest mostra il lato più commovente della sua ingenua e candida anormalità, perché forse incapace di capire e di aiutare la persona che ama più al mondo.

La pellicola ha dei meravigliosi effetti visivi, utili a ricostruire il ‘metaverso gumpiano’, quello in cui il protagonista è inserito negli originali documentari d’epoca con un incredibile effetto verosimiglianza: dai suoi incontri coi presidenti – in cui sembrano essere davvero insieme nella stessa inquadratura (merito del direttore degli effetti speciali Ken Ralston) – alla trasmissione televisiva in cui l’ospite Forrest Gump fornisce involontariamente all’altro ospite John Lennon lo spunto per scrivere “Imagine”. Ma anche il tenente Dan fa la sua parte, investendo in un’azienda che per Gump è una «cooperativa della frutta», ma che in realtà è la Apple. Durante la sua maratona infinita che attraversa l’America e tutto il film, il protagonista aiuta a concepire altre idee milionarie: l’adesivo “Shit Happens” e lo Smiley giallo.

Quando non è il film a prendere in prestito riferimenti alla realtà, accade il contrario. Negli anni successivi una reale catena di ristoranti di pesce si è chiamata Bubba Gump e un gruppo musicale Lt. Dan Band, ispirandosi al tenente Dan. Lo stesso che ritorna, alla fine, con delle «gambe magiche». Dopo trent’anni la magia non è finita. C’è solo una cosa che si può ancora augurare a questo film: continua a correre, Forrest. Non smettere.

Di Edoardo Iacolucci

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