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“Una pallottola spuntata”, un sequel da ridere

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Ci vuole coraggio a proporre il sequel del cult “Una pallottola spuntata”. Ma quello che poteva essere un flop rispetto ai livelli dell’epoca ha invece una sua esilarante identità comica

“Una pallottola spuntata”, un sequel da ridere

Ci vuole coraggio a proporre il sequel del cult “Una pallottola spuntata”. Ma quello che poteva essere un flop rispetto ai livelli dell’epoca ha invece una sua esilarante identità comica

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“Una pallottola spuntata”, un sequel da ridere

Ci vuole coraggio a proporre il sequel del cult “Una pallottola spuntata”. Ma quello che poteva essere un flop rispetto ai livelli dell’epoca ha invece una sua esilarante identità comica

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Ci vuole coraggio a proporre il sequel del cult “Una pallottola spuntata” (1988) con protagonista il grande e immortale Leslie Nielsen. Viene subito da pensare: quel film non si tocca. Proporre un seguito, in aggiunta dopo così tanti anni, è uno sbaglio. Invece Akiva Schaffer dirige un lungometraggio che rispetta tutti i connotati di un caposaldo della comicità e ci fa un dono che quasi fa bene alla salute: 85 minuti di puro divertimento.

Il famosissimo e maldestro poliziotto Frank Drebin ha un figlio: il tenente Frank Drebin Jr. (impersonato da Liam Neeson), che a tratti fa ridere tanto quanto il padre. Ebbene sì, quello che poteva essere un flop rispetto ai livelli dell’epoca ha invece una sua esilarante identità comica, ingrandita e dilatata al massimo, che regge il confronto con l’eredità di David Zucker, ideatore della serie televisiva “Quelli della pallottola spuntata” (1982) che ha ispirato il primo film e gli altri capitoli successivi.

Inoltre, chi non ricorda “L’aereo più pazzo del mondo”, sempre creato da Zucker insieme al fratello Jerry e a Jim Abrahams? Insomma, misurarsi con certi giganti non è facile, eppure il film del regista statunitense (che ha diretto commedie di successo come “Vicini del terzo tipo”) ricalca tutto del primo “Una pallottola spuntata”, con gli stessi tempi comici, le stesse stravaganze, le figuracce di Frank, il suo debole per le donne, la sua goffaggine, i colpi di fortuna che lo salvano sempre, gli sbagli clamorosi che poi si rivelano azioni vincenti di un tenente che dal padre ha ereditato anche un fascino ammaliante.

Liam Neeson indossa questo ruolo in maniera del tutto inedita. Era difficile immaginare che l’attore di film come “Schindler’s List” o “Gangs of New York” potesse far tanto ridere. Eppure è davvero spassoso, il suo personaggio regge alla grande. Recita accanto a una Pamela Anderson (nel film è Beth Davenport) altrettanto divertente: una femme fatale, una bomba sexy che gli tiene testa e con cui crea una coppia raggiante.

Ma veniamo alla trama. Il magnate della tecnologia Richard Cane (interpretato da Danny Huston) ha escogitato un piano per riportare tutta l’umanità a uno stato primitivo, così da poter governare senza ostacoli le menti di tutto il mondo e gestire l’universo a modo suo. Frank riuscirà – con l’aiuto di Beth – a combattere il nemico per il bene della Terra. Con una serie di colpi di scena che coinvolgono un pupazzo di neve un po’ amorevole e un po’ maligno, auto elettriche gestite senza controllo, bicchieri di caffè che sbucano continuamente da chissà dove, il volto di Priscilla Presley che compare facendo sobbalzare sulla poltrona (all’epoca affiancava Nielsen, era la compagna memorabile di Frank senior), per poi trovarci infine a empatizzare con un volatile. Ma nel corpo di quell’animale è racchiusa l’anima di chi? Vedere per credere.

Questo progetto era rimasto sospeso per anni. Da tempo la Paramount lo teneva in cantiere e per fortuna questa specie di grazia ci arriva in un momento storico in cui dobbiamo riconoscere che un certo tipo di umorismo libero da ogni schema, che se ne frega di tutte le regole che troppo spesso hanno uniformato il cinema degli ultimi anni, che come scopo ha quello di rendere omaggio a un cult facendoci tornare indietro nel tempo, usando il surreale come strumento di ilarità, porta tutto a un tale livello di esagerazione e paradosso da produrre quelle risate di pancia capaci di generare benessere (seppur breve) nella mente e nell’anima. Ne abbiamo tanto bisogno.

di Hilary Tiscione

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