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Venezia80 film "Comandante", parla Favino

Venezia80: parlano Francesco Favino e Johannes Wirix

Ieri è stato il giorno della presentazione di “Comandante” alla Mostra del Cinema di Venezia. Favino: “Questo personaggio risponde a ciò che cerco nel mio mestiere”

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Venezia80: parlano Francesco Favino e Johannes Wirix

Ieri è stato il giorno della presentazione di “Comandante” alla Mostra del Cinema di Venezia. Favino: “Questo personaggio risponde a ciò che cerco nel mio mestiere”

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Venezia80: parlano Francesco Favino e Johannes Wirix

Ieri è stato il giorno della presentazione di “Comandante” alla Mostra del Cinema di Venezia. Favino: “Questo personaggio risponde a ciò che cerco nel mio mestiere”

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Ieri è stato il giorno della presentazione di “Comandante” alla Mostra del Cinema di Venezia. Favino: “Questo personaggio risponde a ciò che cerco nel mio mestiere”

Nell’ordine, le mutazioni di Pierfrancesco Favino – da mattina a sera – il giorno della presentazione di «Comandante» alla Mostra di Venezia. Ore 7:30, con gli occhiali scuri l’attore esce in solitaria dalla sua stanza all’Hotel Excelsior. Alle 15 in tenuta cool casual incontra la stampa che appena visto il suo film, sulla vicenda militare e umana di Salvatore Todaro, comandante della Marina Regia durante la Seconda guerra. Nel tardo pomeriggio, guida la delegazione della ambiziosa (e costosa) opera di Edoardo De Angelis. Sul tappeto rosso il divo romano smentisce i pronostici, elegantissimo ma senza cravatta o papillon.
 
Favino è un mago? (rimaneggiando, da Truffaut, il celebre dubbio di «Effetto notte»: «Le donne sono delle maghe?»). Può darsi lo sia. Come il suo comandante sciamano. Indovino, esperto di esoterismo, capace di prevedere le mosse del nemico, il sesso del nascituro, la propria morte. «Todaro, che non conoscevo prima del film, è un magnifico esempio di quante diverse gradazioni ci siano in un essere umano: lui era un cattolico praticante e uno spiritista, un militare convinto e un appassionato di filosofie orientali. Questo personaggio risponde a ciò che cerco nel mio mestiere. Un uomo non può essere una cosa sola, non può essere ridotto a un aggettivo» spiega l’attore. Difficile dargli torto. Salvatore Todaro, realmente esistito, descritto e riscritto – nella sceneggiatura a quattro mani e una decina di versioni – da De Angelis e Giovanni Veronesi (anche autori del libro omonimo, ed. Bompiani) è un personaggio su cui chi è già stato in carriera Buscetta e Craxi, ha condotto Sanremo e fatto Arlecchino a teatro, può tuffarsi con gioia e talento. Senza paura di dovere eventualmente affrontare critiche, più o meno pretestuose sulla rinnovata ribalta di una figura controversa, militare di epoca fascista: «Nulla di creativo viene dalla paura. Alcune mie grandi vittorie sono arrivate quando ho combattuto con la paura che qualcuno potesse avere da ridire sulle scelte che ho fatto – spiega Favino –. Nessuna paura di fare l’anarchico, il mafioso o il politico corrotto. D’altra parte, c’è sempre chi attraverso cinema vedrà il suo Buscetta, il suo Craxi, il suo Todaro».
 
Eppure, malgrado la prova mattatoriale del suo protagonista, «Comandante» si specchia anche in altri personaggi, bene scritti e bene interpretati. È il caso di Johannes Wirix, nel ruolo del coltissimo e umanissimo marinaio Jacques. Il giovane belga rappresenta già una sorpresa, all’alba del concorso. Johannes chiacchiera con La Ragione, poco prima di sfilare sul red carpet. «Il mio personaggio non è un uomo di mare. Si è imbarcato per motivi diversi da quelli militari. È un ragazzo romantico e razionale». Passati più di ottant’anni anni dai fatti bellici raccontati nel film – nel 1940 Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina italiana, decide di salvare i naufraghi di un mercantile nemico che ha appena affondato a colpi di cannone – il suo Jacques suggerisce tanto a chi gli dà voce e corpo sullo schermo. Dice Wirix: «Mi sento rappresentato da Jacques» di cui in sceneggiatura emerge il complicato rapporto con la propria famiglia: «Mio padre è morto nel 2008, quando io avevo appena dieci anni. Non so se lui apprezzerebbe ciò che ho fatto, spero tanto di sì. A volte mi capita di sentirlo molto vicino – continua –. Papà era vescovo in Olanda, professava il vetero cattolicesimo. In un certo senso, io e lui abbiamo qualcosa in comune. Entrambi su un palcoscenico, entrambi con una sceneggiatura. Che sia sacra o meno».
 
«Comandante» (esce in sala il primo novembre, per 01 Distribution) è un film acquoso. Di mare e di lacrime. Venezia – «com’è triste», cantava Aznavour – è la città perfetta per il suo debutto. La città omaggia il film, anche con il sottomarino Romeo Romei ormeggiato in Riva dei Sette Martiri.
Di Federico Fumagalli

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