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Anche i fenomeni perdono, la differenza è come

Scrivere di sconfitte non è mai bello, ma a volte doveroso e istruttivo. La lezione agonistica di Sinner e il romanzo femminile scritto da Paolini

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Anche i fenomeni perdono, la differenza è come

Scrivere di sconfitte non è mai bello, ma a volte doveroso e istruttivo. La lezione agonistica di Sinner e il romanzo femminile scritto da Paolini

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Anche i fenomeni perdono, la differenza è come

Scrivere di sconfitte non è mai bello, ma a volte doveroso e istruttivo. La lezione agonistica di Sinner e il romanzo femminile scritto da Paolini

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Scrivere di sconfitte non è mai bello, ma a volte doveroso e istruttivo. La lezione agonistica di Sinner e il romanzo femminile scritto da Paolini

Scrivere di sconfitte non è mai bello, ma a volte doveroso e istruttivo. Come nel caso della caduta di Jannik Sinner ieri pomeriggio nei quarti di finale del torneo di Wimbledon contro il russo Medvedev.
Sinner ha perso e Medvedev ha meritato la semifinale per quello che si è visto in campo, ma conta – eccome se conta – come l’azzurro abbia cercato con tutte le forze di rifiutare la sconfitta: una grande lezione di gestione agonistica, serietà e fiducia nei propri mezzi.

Messo praticamente fuori gioco da una crisi allergica che lo ha quasi fatto svenire in campo, Sinner la partita l’aveva già persa. Per mancanza di energie fisiche e inevitabile crollo psicofisico, oltretutto davanti a un avversario nel suo miglior momento. Essere tornato, risorto e a un soffio dal vincere un terzo set quasi cominciato in barella è una di quelle storie da raccontare e ricordare.

Uno degli “Up and Under” che distinguono il bravissimo giocatore – per quanto famoso e apprezzato – dai fenomeni. I fenomeni perdono, di rado, ma perdono: la differenza sostanziale è nel come perdono, quanto non sopportino il sapore della sconfitta, pur sapendola accettare. Dove trovino la forza di trarne tutti gli insegnamenti del caso.

Per questo amiamo lo sport, amiamo raccontare le storie di sport, osservarle, lasciarci trasportare da quei romanzi che i grandissimi atleti scrivono e interpretano per noi. Potremmo star qui a ragionare a lungo delle ridotte risorse fisiche rimaste al N.1 al mondo nel quinto e decisivo set, di qualche lacuna emersa nella sfida con Medvedev e anche in altre partite di Wimbledon (siamo rispettosamente dell’idea che Sinner non abbia mai espresso il 100% del proprio potenziale in questi giorni), ma tutto sommato sono dettagli.

Considerazioni importanti quanto si vuole da un punto di vista strettamente tecnico, ma insufficienti a rendere questo ragazzo il punto di riferimento nazionale che è diventato. Per chi non è e non sarà mai appassionato di tennis è il messaggio che conta. Il “come” da cui siamo partiti e a cui torniamo pensando già alle prossime sfide con chi ieri ha vinto con merito e con gli altri big di uno sport terribile e affascinante.

Perfetto per quei romanzi come la versione al femminile scritta da Jasmine Paolini: pochi mesi fa ignota se non alla parrocchia e oggi prima italiana in semifinale nel Tempio di Wimbledon. Poi dici che lo sport non insegna a vivere.

Di Fulvio Giuliani

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