Australian Open, Djokovic vince e chiude il cerchio
Djokovic ha atteso per mesi l’Australian Open con la fame del ventenne che non ha ancora conosciuto il successo in un torneo del Grand Slam
Australian Open, Djokovic vince e chiude il cerchio
Djokovic ha atteso per mesi l’Australian Open con la fame del ventenne che non ha ancora conosciuto il successo in un torneo del Grand Slam
Australian Open, Djokovic vince e chiude il cerchio
Djokovic ha atteso per mesi l’Australian Open con la fame del ventenne che non ha ancora conosciuto il successo in un torneo del Grand Slam
Djokovic ha atteso per mesi l’Australian Open con la fame del ventenne che non ha ancora conosciuto il successo in un torneo del Grand Slam
Per Nole si chiude il cerchio. Ha atteso per mesi l’Australian Open – il decimo vinto in carriera – con la fame del ventenne che non ha ancora conosciuto il successo in un torneo del Grand Slam. Invece, è a quota 22. Come Rafa Nadal, due in più di Roger Federer. La finale era una pagina già scritta. I numeri, il palmares, il ritorno alla prima posizione mondiale, c’entrano poco. C’era in ballo la storia. La sua storia.
La sceneggiatura ha imposto un ruolo da imbucato alla festa per il greco Tsitsipas, 13 anni in meno e un rovescio a una mano davvero speciale. Sconfitto in tre set: a Melbourne si è infatti così consumata la personale rivincita di Djokovic, che lo scorso anno in Australia ha conosciuto la tappa più difficile di 20 anni di tennis. Un successo di rabbia, come spesso gli capita tra le polemiche: prima il lamento alla stampa che non crede ai suoi infortuni, poi il controverso papà – il personaggio più singolare del suo affollato e litigioso angolo – che in tribuna si piazza nelle foto con un manipolo di seguaci putiniani. Il pubblico si è schierato subito con Tsitsipas. Nole al centro del quadrato, un muro di gomma. Contro tutti e tutti: il suo palcoscenico ideale.
Un anno fa, l’ostinata avversione al vaccino che lo mise ai margini del torneo. Il certificato su positività e guarigione dal Covid-19 dei medici serbi non bastò per la sua iscrizione: solo l’aperitivo di una vicenda surreale che portò Djokovic prima in un centro di migranti irregolari, poi su un aereo per Belgrado. Respinto dall’Australia. Non voluto. Con esclusione automatica dagli altri tornei stagionali che imponevano il certificato vaccinale come requisito necessario per l’iscrizione.
Nole l’ha vissuta come un affronto. Un dolore masticato con frustrazione. Ha spiegato che la vicenda-vaccino sarebbe stata raccontata in modo parziale. E’ stato fermo per settimane, ha vinto quando poteva giocare, poi di nuovo ai box. La notizia dell’allentamento delle misure sanitarie sul Covid-19 in Australia ha fatto scattare il conto alla rovescia. Frontiere spalancate, rieccolo ad Adelaide, poi a Melbourne, all’escursione termica australe che fiacca le gambe. Lui: feroce, cattivo, affamato. Una marcia in più di avversari con almeno dieci anni in meno di media, anche nei momenti di difficoltà, come in diversi frame nel secondo set. Come in avvio del terzo set. Alzando però il livello nei punti cruciali, nei tie-break. La specialità della casa dei fenomeni. Troppo, per Tsitsipas. Nole alla fine è esploso. Ha anche pianto.
A quasi 36 anni il serbo sta spostando in avanti le lancette del gioco. La strada per i “vecchietti” è stata aperta da Federer, competitivo per vincere Wimbledon fino a 38 anni, il serbo in più ci mette quella ferocia agonistica che neppure si intravede nei giovani che dovrebbero prendersi il testimone. Tsitsipas, Ruud, forse c’è traccia di grandezza nello spagnolo Alcaraz, assente in Australia per infortunio, come Nadal. Ma Nadal è un altro capitolo, è fenomeno della stessa specie di Nole, specie protetta. Ma è fuorigioco, almeno per un po’.
Chiuso il cerchio con l’Australia, per Nole la questione vaccino in ogni caso non si è chiusa. Non c’è spazio per lui nei tabelloni dei tornei americani. Assente a Indian Wells e Miami, i Master 1000 tra fine marzo e inizio aprile: le autorità sanitarie americane prevedono ancora l’obbligo di un vaccino anti Covid-19 per gli stranieri che vogliono entrare nel paese. L’obbligo al momento è in vigore fino al 10 aprile. Lo stesso motivo per cui il serbo ha saltato l’ultimo US Open, prima ancora la tournée americana estiva sul cemento all’aperto (un torneo anche a Toronto) e le edizioni di Indian Wells e Miami dello scorso anno.
Una situazione davvero paradossale, al momento: restrizioni in America e Cina, in altri paesi – anche in Australia – tennisti in campo anche con il Covid-19, senza obbligo di tamponi e controlli.
di Nicola Sellitti
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