Brasile: un punto di penalità alle squadre per episodi razzisti
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In Brasile saranno punite con un punto di penalizzazione le squadre protagoniste di episodi di razzismo. È l’inizio di una rivoluzione?
Brasile: un punto di penalità alle squadre per episodi razzisti
In Brasile saranno punite con un punto di penalizzazione le squadre protagoniste di episodi di razzismo. È l’inizio di una rivoluzione?
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Brasile: un punto di penalità alle squadre per episodi razzisti
In Brasile saranno punite con un punto di penalizzazione le squadre protagoniste di episodi di razzismo. È l’inizio di una rivoluzione?
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AUTORE: Giovanni Palmisano
Decisione storica della Federcalcio brasiliana: alle squadre che saranno protagoniste di comportamenti razzisti sarà dato un punto di penalizzazione in classifica. La penalità sarà ripetuta per ciascuna infrazione della nuova norma regolamentare. Il provvedimento della CBF (Confederação Brasileira de Futebol) per combattere il razzismo nel mondo del calcio entrerà in vigore il prossimo 22 febbraio, data di inizio della Copa do Brasil.
Quella brasiliana è la prima federazione calcistica al mondo che prende provvedimenti sportivi per i casi di razzismo e potrebbe fare da apripista ad altre federazioni nazionali. Non solo nel mondo del calcio, ci si auspica.
La sanzione scatta praticamente in qualsiasi caso di razzismo, perché il novero dei soggetti richiamati nella nota ufficiale della Federcalcio brasiliana è molto ampio: “La CBF punirà severamente gli atti di razzismo nel calcio. L’ente brasiliano è il primo al mondo ad adottare nel Regolamento Generale delle Competizioni la possibilità di punire sportivamente un club in caso di razzismo. Si ritiene gravissima l’infrazione di carattere discriminatorio praticata da dirigenti, rappresentanti e professionisti delle Società, atleti, tecnici, componenti della Commissione tecnica, tifosi e squadre arbitrali nelle competizioni coordinate dalla CBF. Ai sensi dell’articolo 134 del RGC (Regolamento Generale delle Competizioni, ndr.), la sanzione sarà inflitta amministrativamente dall’ente e il caso sarà inoltrato allo STJD (Tribunale Superiore della giustizia sportiva, ndr.) che deciderà sull’applicazione della perdita di punti alla società incriminata”.
La norma quindi nasce ma non si esaurisce nel calcio dal momento che “il resoconto della partita sarà trasmesso anche al Pubblico Ministero e alla Polizia Civile affinché il processo non avvenga solo in ambito sportivo. E che anche i trasgressori siano puniti dalla legge”, come ha affermato il presidente della Federazione Rogério Caboclo.
In Italia si sono fatti passi avanti nella lotta al razzismo nello sport, ma si è molto distanti dalla risoluzione del problema.
I RECENTI CASI DI RAZZISMO IN ITALIA Tanti i casi che lo dimostrano, ultimo in ordine cronologico quello che ha colpito il difensore francese del Lecce Samuel Umtiti che durante Lecce-Lazio del 4 gennaio è uscito in lacrime dal campo per gli insulti razzisti. Al 67′ l’arbitro Marinelli ha dovuto anche interrompere la gara per circa due minuti a causa di ululati razzisti che provenivano dal settore ospiti, occupato dai tifosi della biancocelesti. Nel primo tempo l’episodio si era verificato ai danni di un altro calciatore del Lecce, il zambiano Banda. Nel secondo tempo gli episodi di razzismo si sono ripetuti nei confronti del difensore ex-Barcellona. Fuori dal calcio, un altro caso che ha fatto tanto discutere ha visto vittima la pallavolista Paola Egonu. La campionessa di colore è stata (per l’ennesima volta) offesa durante la gara contro gli Stati Uniti che a ottobre ha consegnato il bronzo nei Mondiali femminili all’Italvolley. Dopo la partita, la campionessa Paola Egonu è stata filmata da un tifoso mentre si lamentava con il suo procuratore del modo in cui viene trattata e del razzismo che è costretta a subire: «Basta, basta, basta. Non puoi capire, non puoi capirmi, è stancante. Mi hanno chiesto addirittura perché sono italiana. Questa è la mia ultima partita con la Nazionale». Nell’intervista post-partita, la coconduttrice di Sanremo 2023 ha precisato: «Ogni volta vengo presa di mira, sono stanca, vorrei prendermi una pausa. Non so se continuerò con la Nazionale, ma c’è tempo per pensarci. Io punto di riferimento? Lo spero». Intanto, la decisione presa dalla Federazione di calcio brasiliana può rappresentare l’inizio di una nuova era, dove lo sfogo non venga affidato solo agli atleti, ma anche ai regolamenti. Di Giovanni PalmisanoLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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