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Bronny James, figlio di Lebron, giocherà con il padre

È la prima volta nella storia dello sport mondiale, genitore e figlio nella stessa squadra, Lebron e Bronny James

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Bronny James, figlio di Lebron, giocherà con il padre

È la prima volta nella storia dello sport mondiale, genitore e figlio nella stessa squadra, Lebron e Bronny James

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Bronny James, figlio di Lebron, giocherà con il padre

È la prima volta nella storia dello sport mondiale, genitore e figlio nella stessa squadra, Lebron e Bronny James

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È la prima volta nella storia dello sport mondiale, genitore e figlio nella stessa squadra, Lebron e Bronny James

Era il segreto di Pulcinella. Anche se Los Angeles non è certo Napoli, non c’era nessuno pronto a scommettere che Bronny James, il figlio di LeBron, uno dei cestisti più forti e potenti nella storia della Nba, sarebbe finito a giocare con il padre in maglia “purple and gold”. Il progetto si è compiuto nelle ultime ore: Bronny è stato scelto al secondo giro al Draft. E’ la prima volta nella storia dello sport mondiale, genitore e figlio nella stessa squadra, magari nello stesso quintetto. Addio al college e accesso privilegiato nella Nba, il celebre papà aveva segnato il percorso da anni, dicendo pubblicamente di voler giocare con il figlio, prima di ritirarsi. E’ un pezzo di storia, certamente, ma a che prezzo? Il parquet, se potesse parlare, avrebbe espresso un parere diverso: Bronny nelle 26 partite giocate nel 2024 dopo lo stop per problemi cardiaci (risolti) ha lasciato University of Southern California con meno di cinque punti di media al tiro e tre rimbalzi. Non avrebbe trovato un ingaggio nei campionati minori europei, però è il figlio di LeBron. Il suo manager è il potente Rich Paul (lo stesso del papà). Insomma, la sceneggiatura era pronta: da oltre un anno il figlio di LeBron, in attesa di entrare nella Nba, su indicazione del papà-manager aveva fatto domanda all’ufficio brevetti negli Stati Uniti per lanciare tre marchi – Bronaldo, Bronny e BJ JR. – di videogiochi, abbigliamento e Nft.


E’ una situazione potenzialmente esplosiva che dovrebbe far riflettere anche noi genitori lontani da ricchezza e agone mediatico,
che rischiamo ogni giorno con il nostro carico di aspettative – e magari frustrazioni – di far danni sui figli, tracciando per loro un futuro in cui esiste solo la proiezione dei nostri sogni. Bronny aveva fatto intendere che l’ingresso nella Nba sarebbe potuto avvenire anche giocando lontano dal celebre e mediatico papà. Ora sarà inevitabile – ma lo è stato in ogni uscita con il ragazzo all’high school e al college – che l’onda mediatica lo travolgerà per ogni sua prestazione non all’altezza, cercando punti di contatto sul parquet con il celebre genitore. Contatti che non ci sono e mai potranno esserci: LeBron all’età del figlio dominava già la Nba, a 16 anni era sulla copertina di Sports Illustrated, la Bibbia dello sport americano. Un predestinato, The Chosen One, che è ancora uno dei soprannomi che si porta dietro, dopo oltre venti anni di Nba. Ha saputo sopportare la pressione, gestendo poi a piacimento l’attenzione spasmodica sulla sua carriera, anche se è cresciuto senza padre in uno dei ghetti di Akron, a un passo da Cleveland (Ohio). Il background di Bronny invece è differente, LeBron lo sa, ma il desiderio di grandezza del cestista forse più forte di sempre ha preceduto il suo ruolo di padre, spingendo il figlio verso un microcosmo – la Nba, lega – che sa essere crudele: Bronny è stato scelto alla numero 55 e non ha lo status di una star, potrebbe essere respinto con forza, generando un pericoloso cortocircuito mediatico intorno a un ventenne.

di Nicola Sellitti

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