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Calcio da penare

Dopo l’addio di Mancini, è bufera tra il presidente del Napoli, De Laurentiis, la Federazione italiana giuoco calcio e Spalletti. I contratti sono contratti
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Dopo l’addio di Mancini, è bufera tra il presidente del Napoli, De Laurentiis, la Federazione italiana giuoco calcio e Spalletti. I contratti sono contratti
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Dopo l’addio di Mancini, è bufera tra il presidente del Napoli, De Laurentiis, la Federazione italiana giuoco calcio e Spalletti. I contratti sono contratti
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Dopo l’addio di Mancini, è bufera tra il presidente del Napoli, De Laurentiis, la Federazione italiana giuoco calcio e Spalletti. I contratti sono contratti
Torno a scrivere di calcio, 24 ore dopo essermi occupato dell’affaire Mancini. Pomo della discordia – diretta conseguenza del clamoroso addio dell’ormai ex ct – l’irrigidimento del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis nei confronti della Federazione italiana giuoco calcio e del suo ex allenatore Luciano Spalletti. Il numero uno del club azzurro non intende liberarlo, senza il riconoscimento della clausola da circa 3 milioni di euro stipulata all’atto della conclusione del rapporto fra il vulcanico presidente dei campioni d’Italia e l’allenatore che ha condotto la sua squadra allo storico, terzo scudetto. Aurelio De Laurentiis non è, come si suol dire, “dolce di sale“. È un uomo dall’ego fortemente sviluppato e dalle convinzioni… granitiche. A moltissimi sta antipatico, ad altrettanti sta direttamente sulle scatole, a moltissimi tifosi azzurri ancor di più appena un anno fa. Oggi è il loro eroe, ma sempre con una riserva. Finché vincerà, sarà il più grande amico del popolo azzurro, dovesse smettere di riuscire a farlo è molto probabile che tantissimi supporters del Napoli rispolvereranno la teoria del “papponismo”.
Ieri, Adl si è guadagnato un’altra consistente quota di antipatia trasversale con il suo duro comunicato, nei confronti di Luciano Spalletti e della Federcalcio. Accusata senza mezzi termini di non essere in grado di gestire i rapporti con i propri dipendenti e collaboratori e di volere adesso uno “sconto“ sulla famigerata penale, che lo stesso presidente azzurro non ha alcuna intenzione di concedere. Apriti cielo, con un’alzata di scudi di numerose firme, pronte a stigmatizzare lo scarso amor patrio di De Laurentiis. Perdonateci, a scrivere non è il dichiarato tifoso azzurro – che sarà eternamente riconoscente a Luciano Spalletti e Aurelio De Laurentiis per le gioie della passata stagione – ma un modesto osservatore di cose di calcio e di sport.
Almeno per coerenza, dopo aver più volte stigmatizzato l’indecenza di certi contratti con cui l’Arabia Saudita ha deciso di comprarsi il pallone con tutto il suo mondo, non riusciamo proprio a comprendere per quale benedetto motivo Aurelio De Laurentiis non debba pretendere quanto liberamente sottoscritto fra le parti, al momento dell’addio anticipato del suo dipendente Spalletti. Luciano Spalletti ha liberamente detto di no, perché convinto di aver ormai dato il massimo e di non poter più gestire il complicatissimo rapporto con il suo datore di lavoro. Tutto comprensibile, tutto giusto, tutto più che libero. È pur sempre vero, però, che lo stesso ex allenatore aveva dichiarato ai quattro venti (almeno inizialmente) di volersi fermare, trovare più tempo per la famiglia. Insomma, di programmare l’anno sabbatico richiamato anche da Adl ieri.
Cambiare idea è assolutamente legittimo e nel caso della Nazionale sacrosanto, ma i contratti sono contratti. Gli accordi restano accordi e la serietà non può essere invocata a giorni alterni o a differenti latitudini. Di Fulvio Giuliani

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