Calcio italiano in fuorigioco
Calcio italiano in fuorigioco
Calcio italiano in fuorigioco
Quanto vale il calcio italiano? Non ha grandi squadre. Non ha grandi giocatori. Non partecipa ai Mondiali per incapacità a qualificarsi per le fasi finali. Dipende dalle rivelazioni di Fabrizio Corona sui giocatori che son più bravi a praticare le scommesse sulle piattaforme clandestine che il campo da gioco. Obiettivamente il calcio italiano vale poco, molto poco sul piano del gioco, che è ciò che più conta e affascina. Il campionato di Serie A non è più ormai da molto tempo “il campionato più bello del mondo”, come si diceva una volta non senza retorica ma che, almeno in quel caso, era retorica giustificata. Oggi invece il campionato italiano è uno dei più brutti d’Europa e – ciò che più conta – il gioco è di bassa qualità, tanto che la Serie A è più vicina alla Serie B di quanto la Serie B non sia vicina alla Serie A. Insomma, in pieno declino e senza al momento una via d’uscita. È su questo quadro desolante che è esploso il nuovo scandalo del calcio scommesse. Come a dire: non c’è limite al peggio.
A sentire Fabrizio Corona – perché, ahimè, c’è poco da arricciare il naso e bisogna sentire anche Corona, ora sui giornali ora in televisione – sul calcio ci sono probabilmente più inchieste in corso, ci sarebbe anche la frode sportiva, le squadre di calcio saprebbero tutto e i giocatori per ora coinvolti (Fagioli, Tonali e Zaniolo) si sarebbero cacciati in un guaio più grosso di loro. Le cose che dice l’ex re dei paparazzi post moderni vanno prese con le molle e verificate, come del resto dovrebbero essere verificate le cose che dicono tutti a questo mondo sempre più inverificabile. Ma se i tre ragazzi – perché alla fine di questo si tratta: di ragazzi venuti su rapidamente e con tanti soldi – ne verranno fuori con patteggiamento e limitazione dei danni e una squalifica di circa un anno, come ne verrà fuori invece il sistema-calcio italiano? Questo è il punto da considerare. Perché se non si partecipa ai Mondiali, se i commissari tecnici della Nazionale vanno e vengono che è una bellezza, se le squadre italiane vincono in casa e perdono fuori casa, se non esiste da molto tempo una leva calcistica italiana (fermatasi ai Totti, Pirlo e Del Piero), allora non ci vuol molto a capire che il calcio si è perso e che la ludopatia dei giocatori – se così la si vuol bere – è un effetto collaterale di un mondo non più in grado di scommettere su sé stesso.
Quando ci fu il primo scandalo del calcio scommesse, quello fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, si assistette nel giro di un paio di anni a una sorta di miracolo calcistico: la vittoria ai Mondiali di calcio, con Paolo Rossi che passò dall’essere il simbolo negativo del calcio scommesse a essere il simbolo positivo di Nazionale e nazione, osannato in campo anche da Sandro Pertini e dalla sua pipa alla Bearzot. Il “Corriere dello sport” di Giorgio Tosatti, dopo la vittoria su Zico e compagni, titolò “Il Brasile siamo noi” e tutti dimenticarono in un attimo la partita Italia-Camerun passata alla storia come la più clamorosa partita combinata del calcio italiano (finì 1 a 1 con gol di Graziani e M’Bida e l’inchiesta giornalistica di Oliviero Beha e Roberto Chiodi). Ma oggi è tutt’altra musica. All’orizzonte non c’è una rinascita mondiale perché ciò che c’è nella realtà dei campi da gioco è la scomparsa del gioco giocato: non esiste più un vivaio italiano che rigeneri di generazione in generazione il gioco del calcio. Nessuno più scommette sul calcio giocato fin da ragazzini così, per il gusto del gioco, e si finisce per cadere nel gioco delle scommesse illegali.
di Giancristiano DesiderioLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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