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Jannik Sinner e Piatti

C’eravamo tanto sopportati

Il rapporto tra Jannik Sinner e il coach Piatti è sempre più in bilico. Qualcosa si era già percepito un mese fa a Melbourne ma da tempo il tennista stava riflettendo su vari aspetti dell’organizzazione, del suo livello tecnico e su certe dichiarazioni rilasciate dall’allenatore.
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C’eravamo tanto sopportati

Il rapporto tra Jannik Sinner e il coach Piatti è sempre più in bilico. Qualcosa si era già percepito un mese fa a Melbourne ma da tempo il tennista stava riflettendo su vari aspetti dell’organizzazione, del suo livello tecnico e su certe dichiarazioni rilasciate dall’allenatore.
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C’eravamo tanto sopportati

Il rapporto tra Jannik Sinner e il coach Piatti è sempre più in bilico. Qualcosa si era già percepito un mese fa a Melbourne ma da tempo il tennista stava riflettendo su vari aspetti dell’organizzazione, del suo livello tecnico e su certe dichiarazioni rilasciate dall’allenatore.
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Il rapporto tra Jannik Sinner e il coach Piatti è sempre più in bilico. Qualcosa si era già percepito un mese fa a Melbourne ma da tempo il tennista stava riflettendo su vari aspetti dell’organizzazione, del suo livello tecnico e su certe dichiarazioni rilasciate dall’allenatore.
Quando finisce un amore, così come è finito il mio, senza una ragione né un motivo, eccetera, eccetera. Succede, anche nel tennis. Noi qualcosa avevamo percepito già a Melbourne, un mesetto fa. Quella famosa frase, beccata dai microfoni e dalle telecamere durante il match contro Taro Daniel: «Io la uso la testa, ma tu devi stare calmo, cazzo!». Poi, la brutta sconfitta contro Tsitsipas nei quarti, il rientro in Italia e qualche giorno di vacanza nella sua Val Pusteria. Per ricaricare le batterie e ufficializzare lo sfanculamento. Invece che ricominciare con la preparazione insieme al team Piatti, Jannik Sinner esprime il suo malcontento, i dubbi e chiede una pausa di riflessione. Come si sa, capita anche nelle più grandi love story: al 99% “pausa di riflessione” significa anticamera della separazione che porta al divorzio. Il resto è cronaca: Sinner che si allena da solo a Montecarlo; Sinner che rientra, pare, a Dubai il 21 febbraio; Sinner che intanto lavora con Simone Vagnozzi, ex coach di Cecchinato ai tempi del miracolo parigino di quest’ultimo. La scintilla pare sia stata proprio la scoppola presa da Tsitsipas in Australia, ma ovvio che decisioni come queste non maturano da un giorno all’altro. Sinner da tempo rifletteva su diversi aspetti dell’organizzazione, sul suo livello tecnico, sui costi di gestione del team e anche su certe dichiarazioni rilasciate dal coach. Tutti aspetti, peraltro, su cui sembra che Piatti fosse disponibile a mediare e discutere. L’idea del supercoach, ad esempio, sbandierata dal giovanotto in Australia, era condivisa anche da Riccardo, che però la immaginava possibile entro un paio d’anni. Ma i ragazzi, si sa, hanno fretta, vogliono tutto adesso e pensano di saperne più di chiunque altro. Sennò non avrebbero vent’anni. Il nuovo team comprende – fino a prova contraria – il già citato Vagnozzi e l’ex numero 2 del mondo Magnus Norman, coach dell’anno nel 2016, l’uomo che trasformò la carriera di Stan Wawrinka portandolo a vincere in età avanzata 3 tornei dello Slam. Che in precedenza aveva collaborato con successo con il connazionale Robin Soderling, con cui aveva centrato due volte la finale del Roland Garros, e poi lanciato la carriera del giovane Grigor Dimitrov. Freud sosteneva che la ‘morte’ del padre abbia un’importanza fondamentale nella vita di un individuo, alludendo, ci mancherebbe, alla morte psicologica del proprio padre interno. Questa morte è intesa come fattore di crescita e di sviluppo. Uccise il padre Agassi, affidandosi a Nick Bollettieri; Becker, separandosi dal suo scopritore Gunter Bosh; lo stesso Djokovic, che mollò Vajda qualche anno fa, sbrigandosi poi a richiamarlo in gran fretta al suo fianco. La storia del tennis insegna che tutto è lecito: se Sinner è davvero destinato a diventare un fenomeno, accadrà indipendentemente da chi siederà sulla sua panchina. Il roscio ha il diritto, forse anche il dovere, di scegliere quel che ritiene il meglio per sé. Piatti resta il miglior coach italiano, se non addirittura del mondo. Quel che sarà lo scopriremo solo vivendo, come dice il poeta.   di Stefano Meloccaro

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