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Cosa ci racconta la Spagna dei meravigliosi ragazzi

La domenica perfetta della Spagna non è solo una questione tecnico-agonistica

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La domenica perfetta della Spagna non è solo una questione tecnico-agonistica

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Cosa ci racconta la Spagna dei meravigliosi ragazzi

La domenica perfetta della Spagna non è solo una questione tecnico-agonistica

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La domenica perfetta della Spagna non è solo una questione tecnico-agonistica

La domenica perfetta della Spagna non è solo una questione tecnico-agonistica. Non si esaurisce nel pur spettacolare e autorevolissimo successo bis di Carlitos Alcaraz a Wimbledon, contro sua maestà Nole Djokovic. Neppure nella bellezza e nel pieno merito del trionfo della Nazionale di calcio nella finale contro l’Inghilterra degli europei. Questa è la punta dell’iceberg di una scuola, di una cultura e anche di una società che sa cosa volere nello sport e ha messo a segno due colpi fenomenali.

A giudicarla distrattamente, la domenica perfetta è come se avesse messo in vetrina diverse versioni della Spagna: quella più ‘tradizionale’ rappresentata dal bianco e classicamente bruno latino Carlos Alcaraz (già più che degno erede del fenomeno maiorchino Rafa Nadal) e alla sera il Paese dei ‘nuovi spagnoli’, così come ci ostiniamo a definire anche a casa nostra i ragazzi italianissimi per scelta di vita o amore dei genitori o dei nonni.

Semplicemente spagnoli e italiani, senza farla troppo lunga, magnificamente incarnati nelle storie-copertina di Yamal e Nico Williams. Sul primo si è scritta qualsiasi cosa, ma troviamo fantastica la storia personale di Nico Williams: un giovane spagnolo dal nome inglese e dall’origine palesemente africana, nato e cresciuto da basco nei Paesi baschi. Stella dell’Athletic Bilbao, storico club che della fierezza basca ha fatto una bandiera senza tempo, schierando unicamente giocatori nati od originari di una delle regioni dal più forte sentimento autonomista dell’intero continente.
Questo ragazzo, dal talento debordante e miglior giocatore di Euro 2024, meno basco e tradizionalmente spagnolo non potrebbe apparire. Mamma e papà attraversarono il Sahara a piedi e tornarono una nuova casa a Bilbao, lui è nato a Pamplona e oggi è meritatamente il simbolo delle ‘furie rosse’.

Come inevitabile, il tema delle origini e del colore della pelle è tutt’altro che indifferente al dibattito pubblico spagnolo, come a quello francese o italiano. Forse è giunta l’ora di scavallare un approccio ideologico fino allo sfinimento. Vale per i cantori di una purezza etnica che non è mai esistita, tantomeno in Paesi di felici meticci come noi italiani, e per coloro che spingono all’estremo il ragionamento opposto facendo eco alla cultura woke. Quella che negli Stati Uniti d’America ha prodotto guasti inenarrabili e i cui frutti avvelenati stiamo commentando proprio in queste ore per ben altri avvenimenti.

La meravigliosa Spagna dei ragazzi suggerisce una serie di valutazioni non solo sociali. La copertina è tutta di due ragazzi che insieme assommano 38 anni, vale a dire l’età di Nole Djokovic battuto dal ventunenne Alcaraz. A risplendere è indiscutibilmente il talento, ma forse dovremmo concentrarci di più sullo spazio concesso a simili capacità di affermarsi in età così verde. Sulle possibilità date a dei poco più che adolescenti e sulla contemporanea capacità di questi ultimi di assumersi le relative responsabilità.

di Fulvio Giuliani

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