
“Così è morto Diego Armando Maradona”. Il pm mostra in aula la foto del cavadere del Pibe de Oro
La foto mostrata dal pm durante la prima udienza per la morte di Diego Armando Maradona – processo a Buenos Aires da 100 imputati – non può che produrre sentimenti assai forti
“Così è morto Diego Armando Maradona”. Il pm mostra in aula la foto del cavadere del Pibe de Oro
La foto mostrata dal pm durante la prima udienza per la morte di Diego Armando Maradona – processo a Buenos Aires da 100 imputati – non può che produrre sentimenti assai forti
“Così è morto Diego Armando Maradona”. Il pm mostra in aula la foto del cavadere del Pibe de Oro
La foto mostrata dal pm durante la prima udienza per la morte di Diego Armando Maradona – processo a Buenos Aires da 100 imputati – non può che produrre sentimenti assai forti
La foto mostrata dal pm durante la prima udienza per la morte di Diego Armando Maradona – processo a Buenos Aires da 100 imputati – non può che produrre sentimenti assai forti
Rigido su un lettino, un tubo in bocca, il ventre dilatato a dismisura. L’immagine finale di un corpo dilaniato. Avvolto dal degrado, eroso dai dolori, dalle cadute, dalle dipendenze, dai farmaci. La foto mostrata dal pm durante la prima udienza per la morte di Diego Armando Maradona – processo a Buenos Aires da 100 imputati – non può che produrre sentimenti assai forti.
Una foto difficile da vedere, ancora di più da commentare. Secondo l’avvocato delle figlie del Diez, Dalma e Giannina, sarebbe colpevole di omicidio il pool di medici (sette persone, rischiano da 8 a 25 anni di carcere). Che avrebbe gestito le ultime fasi della vita di Maradona. Dal ricovero in ospedale all’intervento chirurgico alla testa e poi il ritorno a casa del fenomeno argentino, sino al decesso per arresto cardiocircolatorio. Perché l’avrebbero ricoverato, ingannando la famiglia, in un luogo inappropriato. Fino poi a internarlo in uno stanzino di una residenza privata. Lasciandolo chiudere l’ultimo capitolo di una vita romanzesca e dissennata da solo. Nell’abbandono, senza prendersi cura della sua salute. Dunque, Diego che sarebbe morto per negligenza, imperizia, imprudenza. Diego che avrebbe potuto essere ancora vivo.
Ovviamente senza entrare nell’ambito della disputa giudiziaria, è ancora un dolore. E la foto in questione rafforza l’assunto, che, a oltre quattro anni dalla morte di Diego Armando Maradona, l’ultima fetta della sua esistenza complessa da artista ed eroe maledetto, in bilico per almeno 20 anni tra vita, morte e resurrezione, sia stata vissuta nell’oblio. Senza carezze e affetti, battuto dai suoi demoni, dalle sue debolezze. Indomabile, ingestibile, ma debole. Era distante dagli amati figli, avuti con svariate compagne e con cui s’infiammava a targhe alterne. Era lontano dai pochi familiari rimasti. Come spesso accaduto, c’era gente intorno a lui che l’ha spremuto come un limone maturo. Fino alla fine. L’infinita corte di re Diego. Che ha visto scorrere diversi cortigiani e cortigiane.
E’ morto nel dolore, nella solitudine. Come una di quelle rockstar del “Club dei 27”, finite a 27 anni. Da Jim Morrison a Kurt Cobain. Per cui la vita quotidiana, con le sue scadenze regolari e senza l’oscillazione sulle montagne russe, risultava inaccettabile. Troppo pesante e dolorosa.
Per Diego, anche nell’età matura la gioia era solamente correre dietro a una palla, scagliarla verso l’alto e poi addomesticarla come solo lui obiettivamente ha saputo fare. La sua vita, dopo 15 anni di grandezza inarrivabile sul terreno di gioco, è stata scandita da immagini forti quasi quanto quella successiva al suo decesso e mostrata dal pm al processo. L’arresto per cocaina, 34 anni fa, quando la sua tossicodipendenza è diventata mediatica, le foto con Fidel Castro a Cuba, dove provava a disintossicarsi (e dove rischiò di morire).
Poi, altre istantanee tra ricadute e (varie) resurrezioni, la panchina dell’Argentina ai Mondiali 2010, l’esilio a Dubai, sino alla lunga fase crepuscolare che comprende anche il ritorno in panchina da allenatore nel calcio argentino. E lì, sul campo si intravedevano antichi bagliori del Diez, gli occhi ancora vivi in una camminata ormai incerta e una parlata decadente, condizionata dagli eccessi, dai farmaci e dagli onnipresenti demoni. Sino alla morte, a quell’assurda morte.
di Nicola Sellitti
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