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Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr

Su una montagna senza fine di pezzi in verde Cristiano Ronaldo prende il largo dal calcio che conta
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Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr

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Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr

Su una montagna senza fine di pezzi in verde Cristiano Ronaldo prende il largo dal calcio che conta
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Su una montagna senza fine di pezzi in verde Cristiano Ronaldo prende il largo dal calcio che conta
Poco meno di mezzo miliardo per un paio di stagioni in Arabia Saudita, all’Al-Nasr. Un altro mezzo miliardo da ambasciatore, per tirare la volata a Riyadh per i Mondiali del 2030, in competizione con Grecia ed Egitto, per pareggiare il conto con i poco amati cugini qatarioti. Su una montagna senza fine di pezzi in verde Cristiano Ronaldo prende il largo dal calcio che conta. A meno di qualche colpo di sceneggiatura che mai si può escludere, si consuma così, con l’appendice in Arabia, la stagione di uno dei calciatori più forti, discussi, discutibili degli ultimi 30 anni. L’ultima scelta è sicuramente tra le più discutibili, forse è anche la più sofferta, a dispetto dall’accredito complessivo che arriva a un miliardo di dollari. Ronaldo va a casa degli emiri perché non l’ha voluto nessuno in Europa. Era già uno dei pochissimi commensali al tavolo dei miliardari dello sport, con Leo Messi, Lebron James, Tiger Woods, Roger Federer. Sarà ancora più ricco. Ma davvero ne vale la pena? Esce dai radar due settimane dopo il trionfo di Messi ai Mondiali in Qatar. La tempistica in questo caso ci mette del suo: è come se il destino avesse scelto il numero 10 dell’Argentina. A lui la scena, Cristiano invece esce di scena. La Pulce torna ora al Psg, con Mbappè e Neymar proverà pure ad arrivare alla Champions League con la mente libera dall’ossessione della Coppa del Mondo da vincere. Forse resterà anche in Francia, piuttosto che sbarcare a Miami (da Beckham) per i suoi ultimi fuochi. Per lui ora è tutto in discesa, è nell’Olimpo. Anzi, dà le carte tra gli dèi dell’Olimpo.  Invece Ronaldo, da Riyadh, si appellerà a quella montagna di soldi per dimenticare che l’Europa davvero non l’ha voluto più. Nessuno dei club che è in tabellone per gli ottavi di finale di Champions l’ha cercato e neppure sono state ascoltate le auto candidature del portoghese, attraverso il suo super-procuratore, Jorge Mendes.  Il paradosso è che non si libererà facilmente del fantasma di Messi: la Pulce è ambasciatore del turismo per l’Arabia Saudita. Messi è stato scelto prima di Cristiano da Mohammed bin Salman, figura ormai conosciuta – non solo in Italia – affinché l’Arabia Saudita dia seguito alla sua trasformazione da paese degli idrocarburi – produce ogni giorno il 10% del fabbisogno mondiale del petrolio – a meta turistica dei sogni, anche attraverso lo sportswashing, ovvero l’organizzazione di grandi eventi sportivi (e quindi, i Mondiali del 2030) per ripulirsi dall’immagine di paese sanguinario, autoritario, insofferente alla tutela dei diritti.  L’Arabia è nella lista nera di Amnesty International, quinto paese più autoritario al mondo secondo l’Economist. E’ il paese in cui il re deve rispettare la sharia e c’è una certa tendenza a silenziare il dissenso, tra esecuzioni capitali e omicidi (il giornalista Kashoggi) che hanno occupato il dibattito internazionale. Quindi Ronaldo, come Messi, è solo un pezzo dell’ingranaggio.  Certamente la Coppa del Mondo assai deludente in Qatar ha avuto il suo peso per il viaggio in Arabia di Ronaldo. Che è stato messo all’angolo dal commissario tecnico del Portogallo e tenuto alla larga dai compagni di nazionale. Un problema, più che un asso. Anche al Manchester United in poco più di un anno si è fatto diversi nemici, tra rifiuti di entrare in campo dalla panchina e altri atti d’insofferenza. Tra cui, quell’inaccettabile intervista contro la dirigenza dei Red Devils a novembre, all’emittente inglese TalkTv. La sensazione, anzi forse qualcosa in più di una sensazione, è che Ronaldo sia stato sopportato e supportato da club e compagni sino a quando ha saputo marcare la differenza sul rettangolo di gioco. Quei grappoli di gol, quasi sempre decisivi, lo hanno sostenuto, hanno reso meno inaccettabile l’ego smisurato che ha sempre schiacciato, mai aiuto nell’evoluzione di chi gli è stato intorno. Leader a modo suo, con i gol, i numeri, mai simbolo riconosciuto dalla sua squadra. Chi ha giocato vicino a Cristiano ne ha sempre risentito. Karim Benzema, attuale Pallone d’Oro, è stato l’unico a sopravvivere, con la qualità e l’umiltà di rinunciare a gol e copertine per lasciargli il ruolo di primo protagonista al Real Madrid. Per gli altri, tipo Higuain e Dybala alla Juventus, ci sono state solo briciole. Cristiano ingloba, consuma tutto. Tutto questo gli ha impedito di disegnare il suo tratto finale in Europa, di uscire di scena da protagonista. Da re, quale lui è indubbiamente stato. Ora potrà collezionare ancora più auto, case, hotel. Potrà comprare in futuro una squadra di calcio. Ma se ne va dalla porta secondaria dal calcio che conta.   Di Nicola Sellitti

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