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Fallimento Paluani: c’era una volta la favola Chievo Verona

La Paluani, di proprietà dell’ex patron del Chievo, Luca Campedelli, è ufficialmente fallita. È il capitolo finale di quel che era rimasto del fenomeno Chievo, fallito tre anni fa
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Fallimento Paluani: c’era una volta la favola Chievo Verona

La Paluani, di proprietà dell’ex patron del Chievo, Luca Campedelli, è ufficialmente fallita. È il capitolo finale di quel che era rimasto del fenomeno Chievo, fallito tre anni fa
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Fallimento Paluani: c’era una volta la favola Chievo Verona

La Paluani, di proprietà dell’ex patron del Chievo, Luca Campedelli, è ufficialmente fallita. È il capitolo finale di quel che era rimasto del fenomeno Chievo, fallito tre anni fa
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La Paluani, di proprietà dell’ex patron del Chievo, Luca Campedelli, è ufficialmente fallita. È il capitolo finale di quel che era rimasto del fenomeno Chievo, fallito tre anni fa
La favola del calcio italiano del duemila. Soprattutto, l’illusione che se un piccolo quartiere di Verona era riuscito ad arrampicarsi fino alla Champions League, la decadenza in corso del nostro movimento poi non era così veritiera. E invece lo è stata. La Paluani, marchio di panettoni, pandori e colombe pasquali, di proprietà dell’ex patron del Chievo, Luca Campedelli, è ufficialmente fallita. Debiti per 82 milioni. È il capitolo finale di quel che era rimasto del fenomeno Chievo, fallito tre anni fa per la vicenda delle plusvalenze (poi ripartito dai dilettanti) con le colonne Pellissier e Sorrentino. Dieci anni prima, anche qualcosa in più, era stato il Chievo di Del Neri, di Pellissier, il Chievo dei miracoli, il Chievo di Campedelli, tifoso interista e architetto di una storia unica nel suo genere. Il 4-4-2 di impronta sacchiana di Gigi Del Neri, l’epifania di Eriberto, poi divenuto Luciano con un paio di anni in più sulla carta d’identità, poi Manfredini, esterno offensivo finito in Nazionale, lo stesso Pellissier, Marazzina, Amauri. La vecchia guardia, custode del sogno: D’Anna, Lanna, Moro. Manovalanza in paradiso. Un misto di incredulità e simpatia ha accompagnato la corsa di quella squadra, che costava meno di un club di B, che si qualificò in Coppa Uefa con Del Neri, poi con Bepi Pillon. Che nel 2006, a causa del terremoto-Calciopoli, finì addirittura ai preliminari di Champions. Come se un quartiere, un rione di Napoli, uno dei municipi più piccoli di Roma, finisse nella stessa competizione del Real Madrid, Manchester United, Milan. Andò fuori con il Levski Sofia, ma cosa importava. Era più importante il contributo di leggerezza, freschezza regalato al calcio italiano, attorcigliato a Calciopoli, a una crisi di sistema già in atto, a un sistema che faceva già acqua da tutte le parti e quell’acqua poi è diventata un oceano. Nel 2001 quel Chievo si prese addirittura il primo posto in classifica, davanti alla Roma scudettata di Totti e Capello, alla Juventus di Lippi, all’Inter di Cuper, di Vieri, di Ronaldo Il Fenomeno. Squadre vere, corazzate vere, imbottite di campioni. Ci fu il calo, i veneti finirono quinti, in Coppa Uefa. Poi, altre sette stagioni consecutive in A, la retrocessione del 2006/2007, il ritorno in massima serie. Una presenza costante nella parte sinistra della classifica, senza mai più riuscire a riprendersi la vetta, sempre con il brand Paluani sulla maglietta. Una corsa incredibile, di cui ora restano solo i ricordi.   di Nicola Sellitti

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