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Gareth Bale, l’indecifrabile

Ci sono stati pochi campioni dell’era recente meno decifrabili di Gareth Bale. Forse andare a Madrid è stato il punto di rottura.

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Gareth Bale, l’indecifrabile

Ci sono stati pochi campioni dell’era recente meno decifrabili di Gareth Bale. Forse andare a Madrid è stato il punto di rottura.

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Gareth Bale, l’indecifrabile

Ci sono stati pochi campioni dell’era recente meno decifrabili di Gareth Bale. Forse andare a Madrid è stato il punto di rottura.

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Ci sono stati pochi campioni dell’era recente meno decifrabili di Gareth Bale. Forse andare a Madrid è stato il punto di rottura.

Ci sono stati pochi campioni dell’era recente meno decifrabili di Gareth Bale. Cosa resterà di lui? Forse la meravigliosa rovesciata in finale di Champions League con il Liverpool o gli oltre 50 metri palla al piede e gol in un Clasico. Oppure le lunghe pause sceniche, tra infortuni e silenzi. Mentre si riflette, Bale si ritira, con effetto immediato, a neppure 34 anni.

L’annuncio è avvenuto attraverso i suoi profili social. Il gallese ha spiegato che ora per lui ci sarà un periodo di transizione, prima di nuove avventure. Forse ha atteso qualche mese per i Mondiali in Qatar, il fuoco, se mai c’è stato, era finito da un pezzo. Le cronache di Madrid rivelano che il golf fosse la sua priorità negli ultimi anni, nonostante un contratto ricchissimo con il Real. La sua disaffezione al calcio, ma soprattutto il distacco con cui ha vissuto l’era al Real non gli è mai stato perdonato, perché il Real è il Real, va onorato e glorificato. Lui invece, tra Sergio Ramos, Cristiano Ronaldo e le altre stelle in blanco, ha sempre preferito idealmente l’ala destra, da star minimale. Anche il congedo, dopo mesi silenziosi a Los Angeles, nella Mls, rientra nella sceneggiatura che il gallese si è cucito addosso. Pure nel saluto al calcio ha privilegiato il Galles, si è detto onorato di aver fatto la storia del calcio gallese. Del Real, nessuna traccia.

Poco prima del suo adios alla capitale spagnola, il quotidiano Marca, che è il megafono delle voci di dentro del Real Madrid, in un articolo lo aveva definito “un parassita gallese” che spillava milioni al club spagnolo. Insomma, se c’era stato amore tra Bale e Madrid, era già finito da un pezzo. Eppure ha vinto tantissimo, pure da protagonista. Ha segnato, per esempio, il gol che ha piegato l’Atletico Madrid nei supplementari della finale di Champions del 2014. Ha vinto più trofei (19) di Zidane, a Madrid. Agli ultimi Mondiali il Galles ci è arrivato con i suoi gol.

Definirlo però è complicato. I numeri: oltre 220 gol in carriera. Può essere un irrisolto, un talento sprecato uno così? Uno che segna il gol decisivo in due finali di Champions?

A 20 anni era un crack, di certo. A San Siro se ne accorsero quando fece tripletta con il Tottenham (arrivato dal Southampton), arando la sua corsia sinistra nella partita più difficile della carriera di Javier Zanetti che lo non vide praticamente mai, decretando sostanzialmente la fine dell’Inter del Triplete, nel difficile trapasso da Mourinho a  Benitez.

Una potenza forse mai vista in quel ruolo, un piede dolcissimo. Una specie di sintesi tra Mbappè e Haaland. Nel suo ruolo lo ricorda ora, con quel tipo di passo e potenza, ma in scala estremamente ridotta, Theo Hernandez.

Il suo arrivo al Real Madrid era solo una conseguenza. Poi sono arrivati gli infortuni, quel motore così potente e fragile, che hanno spesso spezzato il filo con il calcio. Per rifiorire, dopo mesi, anzi anni sulla barella dei massaggiatori, è pure tornato al Tottenham.

Forse andare a Madrid è stato il punto di rottura. Ha vinto, ma non era il suo film. O forse sì, dalla sua prospettiva. Resta l’enigma, il punto interrogativo intorno a un concentrato di dinamite che ha complessivamente smesso di giocare ad alti livelli prima dei 30 anni e si è ritirato tre anni dopo. Resta la sensazione che Bale non sia mai stato innamorato del calcio e che essere un grande calciatore facesse solo parte della sua professione. Non c’è mai stato il sogno nel suo percorso, l’esasperata gioia per un successo o il dolore per la sconfitta che brucia. Cioè, l’essenza dello sport.

di Nicola Sellitti 

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