Granit Xhaka sotto indagine della Fifa
Granit Xhaka sotto indagine della Fifa
Granit Xhaka sotto indagine della Fifa
C’erano ruggini mai sopite tra alcuni dei protagonisti in campo. In particolare tra i serbi e gli svizzeri-kosovari Xhaka e Shaqiri, che da anni giocano con la maglia della nazionale elvetica conservando però orgoglio e rivendicazioni del Kosovo. Ovvero, la terra contesa da albanesi e serbi, teatro di una guerra sanguinosa durante gli anni ’90. Il Kosovo si ritiene indipendente dal 2008, esiste un governo autonomo che amministra il territorio ma l’area nord è a maggioranza serba, le squadre di calcio di quella lingua di terra giocano nel campionato serbo. Insomma, comanda Belgrado.
La contesa resta aperta e il gesto di Xhaka verso i serbi – che è poi degenerato in rissa – era rivolto, pare, allo juventino Vlahovic, che dopo il suo gol aveva portato le mani alle parti intime. Xhaka ha rischiato l’aggressione: i serbi sono scattati dalla panchina, si è evitato il peggio grazie ai messaggeri di pace temporanei, il commissario tecnico, Dragan Stojkovic, lo svizzero (ex Atalanta) Remo Freuler e il laziale Sergej Milinkovic-Savic. La calma è durata poco. Alla fine della partita, con i serbi eliminati e gli svizzeri agli ottavi di finale, ecco la rappresaglia serba intorno a Xhaka: il fratello di Milinkovic-Savic, il portiere Vanja (gioca al Torino) è arrivato addirittura a mettergli le mani al collo. Dopo la colluttazione evitata, Xhaka ha strappato la sua maglia da gioco, mostrando una maglietta celebrativa con la scritta “Jashari”. La Fifa indaga anche su questo elemento: non ci sono certezze se l’omaggio di Xhaka sia stato rivolto al compagno di nazionale Ardon Jashari (passaporto svizzero, origini macedoni) oppure ad Adem Jashari, terrorista-indipendentista kosovaro ucciso dalla polizia della repubblica federale jugoslava nel 1998.
Insomma, era tutto previsto, o quasi. I serbi si erano legati al dito il gesto di Xhaka e Shaqiri ai Mondiali russi di quattro anni fa, sempre in campo contro la Serbia: mimata l’aquila a due teste (simbolo albanese), mostrando così plasticamente i sentimenti anti-serbi. Xhaka e Shaqiri sono poi stati sanzionati dalla Fifa. Il padre di Xhaka è stato attivista politico nell’ultima decade della Jugoslavia, poi indipendentista kosovaro con tre anni di carcere, prima di trasferirsi in Svizzera. Invece Shaqiri, 31 anni, è nato in Kosovo. Ha vissuto la guerra in prima persona.
Il gesto dei due svizzeri con sangue kosovaro è rimasto fissato nella mente dei serbi. Per questo motivo, prima dell’esordio ai Mondiali contro il Brasile, Milinkovic-Savic e compagni hanno piazzato nel loro spogliatoio – con foto finita immediatamente sui social – la mappa del Kosovo (nazionale riconosciuta dalla Fifa e dall’Uefa, ma il Kosovo non è riconosciuto dall’Onu) con la scritta “mai arrendersi” e i colori della bandiera serba. Una specie di avviso ai naviganti, la questione era tutt’altro che chiusa. La federazione del Kosovo, citando proprio il precedente dell’aquila riferito a Xhaka e Shaqiri, ha subito chiesto la condanna della rivendicazione nazionalista serba. Che dal calcio invade anche la musica: la canzone “Mitrogol” dell’artista serba Ana Kokic, considerata come l’inno non ufficiale della nazionale per i Mondiali qatarioti, contiene il passaggio “Kosovo è Serbia”.
Di Nicola Sellitti
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