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manolo portanova stupro

Il calciatore condannato per stupro e la miopia delle squadre

Il destino di Portanova, centrocampista del Genoa condannato a 6 anni per stupro, è ancora tutto da scrivere. Sia per la giustizia, sia per il suo ruolo di giocatore
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Sembrava fatta tra Manolo Portanova e il Bari. La notizia ieri sera aveva fatto subito il giro del web ma non per le qualità calcistiche di questo ragazzotto napoletano di 183 centimetri. Portanova, centrocampista del Genoa, è stato infatti condannato in primo grado – con rito abbreviato per cui è previsto uno sconto di un terzo della pena – a 6 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo. Ma da quel che si legge in queste ore pare che il Bari adesso non lo voglia più, come non lo vogliono più i tifosi del Genoa, le cui rimostranze dopo la sentenza costrinsero il mister a lasciarlo in panchina nonostante la convocazione. 

Ora, come sempre in questi casi, non ci si può esimere dall’essere garantisti fino al terzo grado di giudizio, nonostante su Portanova non giochino a favore le motivazioni della sentenza che parlano di un accanimento feroce verso la vittima. Ci sono i referti del pronto soccorso, le chat e i soliti video e foto che, non si capisce bene il perché, chi compie atti così orribili, continua a conservare sul telefonino come reliquie. Non ultimo: il ragazzo si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Sarà la giustizia a dire definitivamente se è colpevole o no dello stupro di gruppo che si sarebbe consumato a Siena nella notte tra il 30 e il 31 maggio 2021. Stesso discorso per il figlio di Cristiano Lucarelli, Mattia, anche lui giovane giocatore coinvolto in un caso molto simile e l’ex terzino del Barcellona Dani Alves.

A poche ore dalla chiusura delle trattative per il calciomercato, il destino di Portanova sembra quello di rimanere barcollante in un limbo. Parliamo sì di un uomo tecnicamente libero ma su cui pende una condanna di primo grado con un’accusa infamante. Il discorso, evidentemente, sarebbe stato un po’ diverso se Manolo fosse stato un impiegato delle poste. L’esposizione mediatica connessa alla sua professione non può essere ignorata. Portanova è un calciatore professionista e non si può non tenere conto di questo fatto. In ballo ci sono anche questioni morali che alcune società calcistiche faticano sempre a mettere a fuoco con l’attenzione che meritano, ignorando le responsabilità che hanno verso chi segue la squadra, soprattutto i più giovani. Non si tratta solo di tirare calci a una palla, come non può essere solo una questione di soldi. Il calcio è molto di più. Non lo diciamo noi ma lo dicono i tanti tifosi che si infervorano e decidono per un No. Quello che alcuni club non riescono a dire, anche per tutelare gli interessi dello stesso atleta: come si può pensare id mandarlo in campo in queste condizione e anche “in pasto” ai tifosi?

Di Ilaria Cuzzolin

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