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Caso doping: non è ancora finita per Jannik Sinner

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L’Agenzia Internazionale Antidoping (Wada) chiede della documentazione aggiuntiva, posticipando così i termini per la possibile presentazione del ricorso

Caso doping: non è ancora finita per Jannik Sinner

L’Agenzia Internazionale Antidoping (Wada) chiede della documentazione aggiuntiva, posticipando così i termini per la possibile presentazione del ricorso

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Caso doping: non è ancora finita per Jannik Sinner

L’Agenzia Internazionale Antidoping (Wada) chiede della documentazione aggiuntiva, posticipando così i termini per la possibile presentazione del ricorso

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Non è ancora finita per Jannik Sinner e l’azzurro dovrà attendere ancora per tirare un sospiro di sollievo sul caso doping, che lo ha investito nelle scorse settimane. Il neo-vincitore dell’Us Open non è ancora del tutto scagionato dalla doppia positività al Clostebol. Come riportato da “Il Corriere”, l’Agenzia Internazionale Antidoping (Wada), infatti, non ha presentato ricorso contro la sentenza dell’Itia (International Tennis Integrity Agency) dello scorso 19 agosto – che proscioglieva da ogni responsabilità Jannik Sinner per la doppia positività al Clostebol dello scorso marzo e di cui sono già scaduti i termini di appello di 21 giorni – ma ha chiesto della documentazione aggiuntiva. Decisione che farà posticipare i termini per la possibile presentazione del ricorso.

Uno scandalo che aveva provocato la scelta di Sinner, a malincuore, di licenziare il suo fisioterapista, Giacomo Naldi e il suo preparatore atletico, Umberto Ferrara. Entrambi ritenuti responsabili dell’errore per cui il tennista è risultato positivo, per ben due volte, al test anti-doping durante Indian Wells. Un fallo, da parte dei suoi preparatori atletici, che potrebbe costare caro, molto caro, al tennista. Sulla vicenda, Sinner aveva dichiarato di vivere uno dei periodi più stressanti della sua carriera: “Per molti giorni ho dormito poco”. Poi le voci e il tentativo di molti di macchiare il campione n.1, non solo in campo, ma soprattutto nella vita, per via della serietà e del suo modo di lavorare per tanti definito “troppo perfetto, troppo bravo, per essere vero”: “C’erano tante voci su di me, ma chi mi conosce sa”, aveva detto l’azzurro. Ma l’incubo non è ancora finito.

Per la Wada le quasi 50 pagine dettagliate della sentenza non sono sufficienti, e ora ha chiesto approfondimenti specifici, senza però comunicare in che data ha ricevuto (e se ha ricevuto) la documentazione richiesta.

Di Claudia Burgio

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