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La coppa delle emozioni. Bellissime

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La vittoria dell’Italia in questa Coppa Davis è stata la vittoria dei presenti, il loro trionfo, non la sconfitta degli assenti

Coppa Davis

La coppa delle emozioni. Bellissime

La vittoria dell’Italia in questa Coppa Davis è stata la vittoria dei presenti, il loro trionfo, non la sconfitta degli assenti

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La coppa delle emozioni. Bellissime

La vittoria dell’Italia in questa Coppa Davis è stata la vittoria dei presenti, il loro trionfo, non la sconfitta degli assenti

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Vi diranno che non vale nulla questa Coppa Davis. Che l’abbiamo vinta contro una Spagna senza Carlos Alcaraz (dimenticandosi come ovvio le assenze nelle fila azzurre). Vi diranno che la magia è finita, che la Davis vera è defunta. Vi diranno, fior di commentatori, che solo loro possono parlarne, perché sono stati negli spogliatoi e noi no e voi nemmeno e loro hanno giocato quando era una cosa seria.

Possiamo darvi un consiglio: non state a sentire nessuno di costoro, perché bisogna pur decidersi a far parlare i fatti e – sopra ogni altra cosa – le emozioni. Perché una partita come quella vinta da Cobolli nell’infinito tie-break di semifinale con Bergs è già storia. Come il match decisivo di ieri sera, prima quasi perso, poi riacciuffato, poi dominato psicologicamente.

Da campione, sfrontato e un po’ folle, con la faccia d’angelo.

Tornando a quello stesso infinito tie-break, 5 milioni di italiani hanno seguito il finale di una gara entusiasmante. Di un mix di emozioni, saliscendi di felicità e disperazione agonistiche che solo la Coppa Davis (guarda un po’) sa regalare. Quei 5 milioni, come i milioni di ieri sera che conosceremo nel dettaglio più tardi, valgono più di qualsiasi luogo comune.

Di qualsiasi assenza, ampiamente commentata, criticata, metabolizzata.

È stata la vittoria dei presenti, il loro trionfo, non la sconfitta degli assenti. Che siano italiani o spagnoli. È la gioia di chi c’era, di chi ha dato tutto, di chi ha vissuto qualcosa che ti qualifica come sportivo, professionista e sopra ogni altra cosa come uomo.

È la Coppa Davis di Matteo Berrettini, sempre più Mister Davis, uno che in azzurro sente qualcosa di diverso e lo trasferisce a tutti. Compagni, staff, capitano non giocatore (vogliamo dire bravo a Filippo Volandri?!), pubblico e avversari. Lo avvertono e reagiscono di conseguenza.

Tre su tre per Matteo, fra quarti, semifinale e finale, dopo il trionfo dell’anno scorso che portò già in calce la sua firma al fianco del divino Jannik Sinner.

E la firma gigantesca di Flavio Cobolli, come si scriveva uno che non riesce a vincere senza farti venire un mezzo infarto e alla fine lo ringrazi pure… Un altro di questa incredibile nidiata da colpi potenzialmente da Top 10.

Vinciamo ancora, la quarta Davis di sempre, la terza di fila. Non è più neppure un’era d’oro, è un sogno che si fa realtà e ci godiamo istante per l’istante, match dopo match. Senza stancarci mai, senza che ci basti mai.

di Fulvio Giuliani

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