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La Francia fra i piedi di Mbappé

L’intervento di Mbappé nella campagna elettorale francese ha di fatto dimostrato solo una cosa: l’uscita dal personaggio per farsi persona. Pensante, per giunta

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La Francia fra i piedi di Mbappé

L’intervento di Mbappé nella campagna elettorale francese ha di fatto dimostrato solo una cosa: l’uscita dal personaggio per farsi persona. Pensante, per giunta

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La Francia fra i piedi di Mbappé

L’intervento di Mbappé nella campagna elettorale francese ha di fatto dimostrato solo una cosa: l’uscita dal personaggio per farsi persona. Pensante, per giunta

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L’intervento di Mbappé nella campagna elettorale francese ha di fatto dimostrato solo una cosa: l’uscita dal personaggio per farsi persona. Pensante, per giunta

Kylian Mbappé, con il suo intervento a gamba tesa nella campagna elettorale per le elezioni legislative anticipate convocate dal presidente Emmanuel Macron, in un colpo solo ha spazzato via una dozzina di luoghi comuni sui calciatori e più in generale sulle grandi star dello sport professionistico. Soprattutto ha segnato un punto di oggettivo rilievo politico.

Mbappé – uscito con il naso rotto ieri sera dall’esordio europeo contro l’Austria – è considerato unanimemente il più forte calciatore al mondo e nella stragrande maggioranza dei casi un professionista del suo livello si tiene lontano un paio di galassie da qualsiasi tema politico. Figurarsi da uno esplosivo come le aperte accuse di razzismo che da sempre inseguono (e certo non senza qualche ottima ragione) il movimento che fu il Front National, oggi rivisitato dall’intelligente e scaltra Marine Le Pen in Rassemblement National e affidato all’astro nascente 28enne Jordan Bardella: bello, ben vestito ma dalle idee che per un figlio nero della Francia multietnica quale Mbappé o il suo compagno Marcus Thuram rappresentano molto più che semplice fumo negli occhi.

È la sconfessione di un modello plurietnico e multiculturale che in Francia è parte del vissuto quotidiano da anni e – al netto di quelle che anche ai nostri occhi sono apparse scelte discutibili, come sul velo – affonda in ogni caso le radici nell’Illuminismo e negli ideali della rivoluzione.

Non ci spingeremmo a dire che Mbappé e Thuram vogliano trasformare il ritiro della Nazionale francese a Euro 2024 in un simposio storico-intellettuale, ma il richiamo a votare contro l’avanzata dell’estrema destra e a evitare il morbo dell’indifferenza è di grandissimo valore politico.
Proprio perché arriva da chi siamo abituati ad associare a una visione patinata e sostanzialmente plastificata della vita e della realtà.

Per farla breve, Mbappé è di colpo uscito dal personaggio che in milioni di pomeriggi accompagna i ragazzini di tutto il mondo nella sua versione digitale da videogame e si è fatto persona. Pensante, molto pensante.
Nessun appello di un Hollande dato per risorgente o per certi aspetti dello stesso presidente Emmanuel Macron potrà avere lo stesso effetto dirompente delle parole del francese più famoso di Francia e del mondo.

Si sarà fatto anche un bel po’ di avversari e l’ha capito al volo il suo commissario tecnico Didier Dechamps, che è intervenuto nel tentativo di proteggere la stella della Nazionale (e salvare il campionato d’Europa) implorando che si parlasse «solo di calcio». Voleva essere un intervento a difesa di Mbappé ma potrebbe suonare come la solita presa di distanza del mondo del calcio dalla realtà. A dirla tutta, il capitano dei campioni del mondo 1998 ha anche aggiunto: «Rappresentiamo tutto ciò che è diversità, unione, solidarietà. Rappresentiamo tutto ciò che possiamo». Il punto è che lui è ‘solo’ Deschamps, l’altro è Kylian Mbappé.

di Fulvio Giuliani

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