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La partita vitale di Igor Belanov

Il calciatore ucraino Igor Belanov, che nel 1986 vinse il Pallone d’Oro e la Coppa delle Coppe, oggi sta combattendo per la libertà della sua patria. Comunque vada a finire la guerra lui ha già vinto la sua partita, giocata in modo esemplare.
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La partita vitale di Igor Belanov

Il calciatore ucraino Igor Belanov, che nel 1986 vinse il Pallone d’Oro e la Coppa delle Coppe, oggi sta combattendo per la libertà della sua patria. Comunque vada a finire la guerra lui ha già vinto la sua partita, giocata in modo esemplare.
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La partita vitale di Igor Belanov

Il calciatore ucraino Igor Belanov, che nel 1986 vinse il Pallone d’Oro e la Coppa delle Coppe, oggi sta combattendo per la libertà della sua patria. Comunque vada a finire la guerra lui ha già vinto la sua partita, giocata in modo esemplare.
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Il calciatore ucraino Igor Belanov, che nel 1986 vinse il Pallone d’Oro e la Coppa delle Coppe, oggi sta combattendo per la libertà della sua patria. Comunque vada a finire la guerra lui ha già vinto la sua partita, giocata in modo esemplare.

Igor Belanov, calciatore dell’Unione Sovietica dal 1985 al 1990, vinse nel 1986 il Pallone d’Oro e la Coppa delle Coppe con la Dinamo Kiev. Ucraino di Odessa, oggi combatte per la libertà della sua patria. Gioca in modo esemplare la sua partita più importante. Il Pallone d’Oro è davvero d’oro. Retorica? Per nulla. Nella ferma e fiera volontà del giocatore di calcio della Dinamo Kiev c’è tutta la preziosa esperienza del campo da gioco che insegna in modo speciale e naturale che nessun uomo può essere il padrone assoluto del pallone e delle vite altrui, altrimenti non si potrebbe né giocare né vivere.

Igor Belanov – che portò via il Pallone d’Oro al possente Lineker e all’elegante Butragueno detto “l’Avvoltoio” – dimostra ancora una volta ciò che non mi stancherò mai di ripetere perché è una grande lezione di vita e pensiero per tutti: non è il calcio a essere la metafora della vita, come ripeteva un po’ banalmente Jean-Paul Sarte, ma è la vita a essere la metafora del calcio. Il gioco, in questo caso il gioco del pallone, ci offre per davvero un modello cognitivo per comprendere meglio la nostra condizione umana, che è destinata sempre a rifiutare la pretesa ridicola del tiranno di turno che, suscitando le risa degli dei, crede di essere il Padrone del gioco o il Signore della vita e della morte.

La partita di calcio – che fu utile anche a Wittgenstein per intuire i suoi “giochi linguistici” – può essere vista ora come uno scontro tra due eserciti o, meglio, come una lotta tra due amanti. In entrambi i casi, la partita di calcio è l’esatto opposto della logica dell’annientamento. Infatti, non solo l’avversario non è il nemico ma è soprattutto un sistema di riconoscimento, come avrebbe detto Hegel, perché i giocatori che lottano e si contendono la palla si oppongono l’un l’altro e sono insieme e contemporaneamente ora l’Uno e ora l’Altro, senza possibilità di sciogliere e dominare totalmente il gioco di cui fanno parte. Ciò che possono fare è solo controllare e abbandonare il pallone per giocare fino a quando potranno giocare, proprio come gli uomini possono e devono controllare e abbandonare la vita per vivere fino a quando potranno vivere.

Chi, invece, si mette in testa la strana idea di controllare totalmente il pallone/vita rende impraticabile il campo da gioco e ottiene l’effetto contrario a quello desiderato: non diventa il Padrone del gioco ma cade fatalmente in fuorigioco. Igor Belanov, comunque vada a finire la guerra nata dall’invasione di campo di Putin, ha già vinto la sua splendida partita.

  di Giancristiano Desiderio

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