La Storia di Leo
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Quando Leo Messi ha sentito di poterlo fare e ha deciso di farlo, si è chiuso il cerchio, illustrando al mondo perché nessuno è stato come lui negli ultimi vent’anni.
La Storia di Leo
Quando Leo Messi ha sentito di poterlo fare e ha deciso di farlo, si è chiuso il cerchio, illustrando al mondo perché nessuno è stato come lui negli ultimi vent’anni.
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La Storia di Leo
Quando Leo Messi ha sentito di poterlo fare e ha deciso di farlo, si è chiuso il cerchio, illustrando al mondo perché nessuno è stato come lui negli ultimi vent’anni.
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Indimenticabile. Appena 12 ore dopo una finale da romanzo, possiamo già scrivere con assoluta certezza che Argentina-Francia resterà scolpita nel cuore di chi ama questo sport imperfetto e deliziosamente imperscrutabile. Come il genere umano, in fin dei conti.
Inarrivabile nelle emozioni che regala a chi sappia lasciarsi cullare dalle infinite storie che continua a narrare da oltre 130 anni e, in particolare, in 92 di Mondiali.
Come definire, del resto, la parabola dell’uomo simbolo del trionfo argentino, ieri in Qatar? Favola, epica, romanzo, tragedia, gran finale… tutto condensato in una sera che è lo specchio di una vita.
Il predestinato, inseguito per un’intera esistenza da un paragone capace di macinare chiunque e per un po’ anche se stesso, fino al momento in cui l’uomo che fu chiamato “la pulce“ decise di far pace con il destino e la realtà del suo talento.
Nessun paragone, nessun’ansia dopo aver bruciato buona parte delle proprie gioie mondiali sugli altari di una vittoria che vale tutto, in special modo quando continua a sfuggirti.
È nel momento in cui Leo Messi ha deciso di essere semplicemente se stesso – il più grande della sua generazione, il discorso oggi è definitivamente chiuso – ha permesso al suo idolo, mentore ed eterno modello di lasciargli infine lo spazio necessario a compiere il suo di percorso.
Ci vogliono anni, a volte e decenni per crescere e in alcuni casi non basta una vita intera. Messi ha impiegato il suo di tempo per “abbracciare“ da pari a pari Diego Armando Maradona e l’insopportabile peso di un’eredità che tracimava ben oltre i campi da calcio.
Quando ha sentito di poterlo fare e ha deciso di farlo, si è chiuso il cerchio, illustrando al mondo perché nessuno è stato come lui negli ultimi vent’anni.
Perché – come abbiamo sempre sostenuto, schierandoci nell’eterno dibattito – lui è più di Cristiano Ronaldo e lo sarà per sempre: è una questione di cuore. La tecnica c’entra, ma solo fino a un certo punto. Come i trofei vinti, talmente tanti da non ricordarli più, nello sfumare della modernità di un calcio ipertrofico che solo nel Mondiale conserva una sua genuina e paradossale semplicità. Il torneo più grande, in cui i protagonisti restano soli con i propri compagni, i propri pensieri e le emozioni primordiali che il pallone è in grado di generare.
Al Mondiale Leo ha firmato il suo capolavoro, perché era scritto così: non nelle stelle o in una generica idea di destino, ma nel voler essere il campione di un Paese e di una generazione.
La sua storia finisce qui, qualsiasi cosa accadrà d’ora in avanti. Si potranno aggiungere dettagli e particolari, ma ognuno di noi conosce già la storia da raccontare – senza tempo – intorno a un fuoco e a un pallone.
di Fulvio Giuliani
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