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Lukaku, segnato dal destino

Lukaku sembrava perso ieri sera. La finale era finita da poco, Guardiola era ancora paonazzo, il popolo interista fiero e infelice
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Lukaku, segnato dal destino

Lukaku sembrava perso ieri sera. La finale era finita da poco, Guardiola era ancora paonazzo, il popolo interista fiero e infelice
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Lukaku, segnato dal destino

Lukaku sembrava perso ieri sera. La finale era finita da poco, Guardiola era ancora paonazzo, il popolo interista fiero e infelice
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Lukaku sembrava perso ieri sera. La finale era finita da poco, Guardiola era ancora paonazzo, il popolo interista fiero e infelice
Lacrime e gol divorati. Ora, come sei mesi fa, con il Belgio eliminato agli ottavi di finale dei Mondiali in Qatar contro la Croazia di Brozovic.
BigRom sembrava perso ieri sera. La finale era finita da poco, Guardiola era ancora paonazzo, il popolo interista fiero e infelice, lui invece sconsolato. Gravato del peso del mondo, quel colpo di testa a due metri dalla porta è parso una condanna, una sceneggiatura che si ripete in sei mesi, qualcosa di pesante anche per un gigante come lui, che spesso si rialza da cadute rovinose. Lukaku genera empatia perché rientra nel girone dei dannati, dei vinti, dei segnati dal destino. Il destino dà e toglie, specie agli attaccanti: il belga, 30 anni, da oltre 300 gol in carriera, non vede la porta nelle finali. Pippo Inzaghi in una finale di Champions (2007, contro il Liverpool) è andato in gol praticamente colpito dalla palla. Destini, appunto.
La condanna per il gol fallito da Lukaku è collettiva, sul belga aleggia quella etichetta, quella del fallimento, di cui abbiamo scritto poche ore prima della partita. Eppure chi è così critico sa come va il calcio: quella zuccata a un soffio da Ederson, anche se centrale, di solito finisce dentro, magari il portiere tocca, anzi viene investito dalla palla, che finisce in buca. E invece.
Con la Croazia, il film è stato praticamente uguale. Anzi, Lukaku ha avuto anche più occasioni, fallite, sigillando tristemente la fine del ciclo dei De Bruyne, Lukaku appunto, Mertens, Witsel senza un trofeo.
Ai Mondiali BigRom era arrivato infortunato, dopo mesi ai box all’Inter. Dopo la Coppa del Mondo, dopo settimane di esequie scritte sulla sua condizione fisica, quasi fosse diventato un peso all’Inter, si è ripreso con una decina di gol, portando a spallate l’Inter in alto, assai in alto. Nel frattempo, Marotta spiegava che il belga sarebbe tornato al Chelsea a fine stagione, per ingaggio e costi fuori portata. Lukaku si è riabilitato, è diventato un’arma dal 60′ minuto, cambio di Dzeko o di Lautaro, a scelta.
Ora è di nuovo il colpevole. Rientra nella logica, a volte perversa, dello sport. Che sa essere crudele, sa segnare la differenza tra i predestinati e quelli colpiti dal destino. Come BigRom.
di Nicola Sellitti

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