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Jacobs, l’oro agli europei e il cuore dei campioni

Con l’oro agli europei di atletica Marcell Jacobs non è tornato, semplicemente non se ne era mai andato, vincendo anche un indurimento al polpaccio. Come insegna lo storico allenatore Rudy Tomjanovich: “Mai sottovalutare il cuore di un campione”.

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Jacobs, l’oro agli europei e il cuore dei campioni

Con l’oro agli europei di atletica Marcell Jacobs non è tornato, semplicemente non se ne era mai andato, vincendo anche un indurimento al polpaccio. Come insegna lo storico allenatore Rudy Tomjanovich: “Mai sottovalutare il cuore di un campione”.

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Jacobs, l’oro agli europei e il cuore dei campioni

Con l’oro agli europei di atletica Marcell Jacobs non è tornato, semplicemente non se ne era mai andato, vincendo anche un indurimento al polpaccio. Come insegna lo storico allenatore Rudy Tomjanovich: “Mai sottovalutare il cuore di un campione”.

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Con l’oro agli europei di atletica Marcell Jacobs non è tornato, semplicemente non se ne era mai andato, vincendo anche un indurimento al polpaccio. Come insegna lo storico allenatore Rudy Tomjanovich: “Mai sottovalutare il cuore di un campione”.

Un candelotto di dinamite esploso sulla pista di Monaco. Serviva una prova, la risposta, Marcell Jacobs lha servita al momento giusto. È tornato, poco importa quanto fatto segnare sul cronometro al traguardo, (9.95), comunque si tratta del record agli Europei. Quello che conta è che alle illazioni, al dito puntato si risponde sul campo. È la legge non scritta ma più scontata dello sport, il passato è passato, loro olimpico dopo sei mesi di gloria e pure il sottovalutato successo agli Europei sui 60 metri indoor a febbraio. Jacobs quella legge lha osservata con scrupolo, mettendosi alle spalle anche un indurimento a un polpaccio comparso in semifinale. «Mai sottovalutare il cuore di un campione», ha più volte spiegato Rudy Tomjanovich, allenatore (finito nella Hall of Fame) degli Houston Rockets, due volte campioni nella Nba degli anni Novanta, nell’interregno tra il ritiro e il ritorno sul parquet di Michael Jordan e i suoi Bulls. La frase cult vale per Jacobs, che era ed è un campione. Che è caduto e si è rialzato. La lezione recente arriva da Gregorio Paltrinieri, oro e argento agli Europei di Roma, che due mesi fa ai Mondiali di Budapest è finito quarto negli 800 avvertendo sulla sua pelle, oltre all’odore pungente del cloro, il peso delle voci sul tramonto. Ha rilanciato subito Greg, tre ori in pochi giorni in Ungheria e ora gli Europei da star al Foro Italico. 

Anche Jacobs è ripartito, in condizioni fisiche e psicologiche anche più complicate. I fenomeni dellatletica sono purtroppo spesso avvolti da preconcetti e dubbi, c’è uneredità pesante dal passato. Poco dopo il traguardo ha lanciato un messaggio verso denigratori e sospettosi, verso la stampa americana che ai Mondiali ha analizzato con perizia estrema la sua esplosione, i metodi di allenamento, la dieta. Tra laltro, Jacobs è il quarto atleta a vincere loro europeo dopo quello olimpico. 

Ma ora lo sguardo del campione mira lontano e deve essere così. Tra un anno a Budapest c’è da riscrivere il copione anche ai Mondiali, dopo il passo falso del mese scorso in Texas. Secondo il presidente della Fidal (ed ex agonista) Stefano Mei, senza infortuni Jacobs avrebbe vinto ai Mondiali con un metro di vantaggio su tutti, anche sullamericano Kerley, forte, un tuono più che un lampo, ma alla portata del campione italiano, che ha davanti quattro-cinque anni per costruire la sua dinastia nella velocità pura.

Ci sarà tempo per disegnare la traiettoria per arrivare in forma ai Mondiali del 2023, per tutelare corpo e mente. Forse per Jacobs, se il polpaccio lo consentirà, potrebbe essere unaltra medaglia europea nella staffetta 4×100.

Il suo successo rende ancora più azzurra lestate italiana. Le sensazioni provate un anno fa a Tokyo 2020, quei dieci minuti di estasi tra gli ori di Jacobs e Tamberi restano inarrivabili. Ma la riscossa dello sprinter olimpionico e lincredibile bottino del nuoto agli Europei, con primato inattaccabile nel medagliere, trovano spazio nella leggenda dello sport tricolore.

Di Nicola Sellitti

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