“No ai maschi falliti nel tennis femminile”
| Sport
Martina Navratilova, il mito del tennis, donna e atleta orgogliosamente omosessuale, esplode contro le atlete trans nel tennis

“No ai maschi falliti nel tennis femminile”
Martina Navratilova, il mito del tennis, donna e atleta orgogliosamente omosessuale, esplode contro le atlete trans nel tennis
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“No ai maschi falliti nel tennis femminile”
Martina Navratilova, il mito del tennis, donna e atleta orgogliosamente omosessuale, esplode contro le atlete trans nel tennis
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Che lezione da Martina Navratilova, straordinaria atleta dentro e fuori i campi da tennis in tempi in cui anche solo pensare di mostrare le proprie inclinazioni sessuali e le scelte di vita era un puro atto di coraggio. Lei, che certe battaglie le ha condotte quando significava rischiare l’ostracismo totale, deve averne proprio sin sui capelli per esplodere come è esplosa: “Sono contraria alle atlete trans nel tennis – la sintesi del suo ragionamento – perché lo sport non può essere terreno di conquista per maschi falliti“.
Parole durissime, parole come pietre lanciate sul perbenismo e il politicamente corretto imperanti dei nostri giorni. Roba seria, roba tosta anche solo da pensare, figurarsi da dire con questa chiarezza e durezza. Ripetiamo, però, non siamo in presenza di un qualche influencer di passaggio alla ricerca di un po’ di visibilità a basso costo. Stiamo parlando di Martina Navratilova, mito del tennis, fuoriuscita dalla cortina di ferro, donna e atleta orgogliosamente omosessuale – eravamo nei primissimi Ottanta – in un un’era che condannava, stigmatizzava, bannava. Una donna che ha pagato in prima persona, che ha lottato per il riconoscimento di sé. Personaggio gigantesco, rispetto alle troppe mezze figure di oggi buone giusto per le battaglie social facili-facili.
Martina Navratilova (come J.K. Rowling) ha avuto il coraggio di affermare l’ovvio, che – al di là dell’assoluto rispetto delle scelte personali – non è accettabile la semplicistica equiparazione sempre e comunque fra corpi maschili e femminili. A cominciare dallo sport, in cui un’atleta transgender può essere oggettivamente avvantaggiata in modo da falsare la competizione da muscoli, struttura e fibre maschili. Con buona pace di un politicamente corretto peloso e sconcertante.
Non è degno dei valori dello sport gareggiare in condizioni di totale superiorità, in nome e virtù di una malintesa “libertà”. Ci sembra di vederla Martina Navratilova – con la sua storia, le sue battaglie, le sue avversarie in campo e i nemici fuori – osservare con un moto di fastidio quest’ansia di mostrarsi inclusivi a tutti i costi, finendo per risultare paradossalmente controproducenti per gli interessi delle stesse donne. E infatti ha bollato come manifestazione di ‘patriarcato’ l’equiparazione agonistica fra donne e trans. Come nel caso delle tenniste – è successo proprio in questi giorni – battute nel primo torneo vinto da un’atleta transgender.
Di Fulvio Giuliani
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